Fuori punta, sì, ma come? Questa volta con un sistema che ha dell’incredibile per quanto è catturante soprattutto nei confronti delle specie di fondo, prime fra tutti carpe e carassi, ma ci cascano tutti, anche le breme più smaliziate, anzi sono proprio le più grosse quelle che ci lasciano più spesso le pinne.
Ogni tanto ci ritorniamo sopra, ma l’argomento è tale per cui vale la pena ricordarlo. Parliamo della pesca fuori punta, cioè della pesca che si fa con la roubaisienne con una distanza tra vettino e galleggiante (banniere) ben più lunga del canonico metro (o meno).
Perché parlarne spesso? Semplicemente perché sta diventando di fondamentale importanza in molte acque e non solo per la pesca invernale in carpodromo o in laghetto. Una di queste, ad esempio, è il canale con acqua ferma o, comunque non eccessivamente corrente per la ricerca dei carassi e, non di rado, per tentare una carpotta nelle ultime fasi della pesca, che si sia in competizione o durante una normale sessione.
Le due specie prima citate, ma anche altre prettamente di fondo, hanno spesso una reazione tipica: per tempi assolutamente variabili stanno in pastura a cibarsi e poiché con la roubaisienne la pasturazione si fa proprio sotto la punta della canna, riesce abbastanza semplice effettuare delle catture, poi, quando pare a loro, diventano improvvisamente timidi, si portano al bordo esterno dell’area pasturata e, spesso anche uno o più metri fuori e sembra quasi che siano degli spettatori di uno spettacolo pirotecnico che si tengano a distanza di sicurezza. Il da farsi, in questi casi, dipende dalle condizioni di pesca.
Ad esempio, se i pesci non sono troppo fuori e non tira vento, una banniere di un paio di metri e una lenza al limite dello stabile può darci qualche cattura in più. E’ una buona soluzione, ma se si è costretti ad appesantirci troppo perché c’è una bava di vento laterale o contraria, oppure perché i pesci sono molto distanti e non si riesce a stendere una lenza leggera, i risultati saranno deludenti.
Nelle acque ferme la soluzione che più volte abbiamo presentato è quella dell’adozione di un galleggiante davvero particolare come il Baldin, quello lunghissimo con una parte mobile sull’antenna che permette una stabilità eccezionale anche con una banniere di 4 metri. Troviamo che questo strano galleggiante abbia davvero fatto fare un passo avanti nella pesca fuori punta e non manca mai nelle mie scorte di lenze per la pesca invernale in laghetto, soprattutto quando diventa essenziale dare un certo movimento ascendente e discendente al finale.
La tecnica che andremo a descrivere viene soprannonimata nel mondo delle gare in carpodromo con il nome di “trappola”.
Com’è fatta
Dal punto di vista tecnico, la “trappola” è piuttosto semplice da costruire perché i suoi punti di forza consistono in due sezioni di piombatura quasi elementari, costituite da due piombi sferici di diversa grammatura fermati sul filo da pallini piccolissimi. La sezione inferiore appoggerà sul fondo, l’altra sarà di poco sollevata da questo.
Costruzione semplice, ma rigorosa nei rapporti e nelle distanze. La costruzione della lenza si fa in questo modo: dopo aver messo il galleggiante sul filo, si infila il pallettone più grosso (parleremo di grammature dopo) che dovrà stare sollevato dal fondo e poi il secondo (quello da appoggiare).
Si realizza l’asola per il finale e poi si applicano due pallini molto piccoli (n°12 o 13), il primo a circa 15-20 cm dall’asola, il secondo sopra il pallettoncino (chiamiamolo così) in modo che questo possa avere uno scorrimento libero pari alla lunghezza dell’antenna del galleggiante adottato. A una distanza variabile da 40 a 60 cm dal primo si fissa il piombo più grosso con dei pallini che portino alla taratura completa del galleggiante che va fatta mettendo in conto anche la parte che poi va appoggiata a terra. Termina la lenza il finale che può essere da 25 a 35 cm.
La misurazione del fondo
Va fatta applicando al pallino più basso tra quelli che bloccano il pallettone superiore spostandolo di tre o quattro centimetri verso il basso ed applicando una sonda a pinza. Il fatto di spostare tale pallino verso il basso è di importanza fondamentale, serve a fare la misurazione in modo che poi la massa principale della piombatura sia sollevata dal fondo almeno di qualche centimetro.
Poiché pescheremo con una lunga banniere, quindi ben fuori della punta, la misurazione del fondo, soprattutto se questo è in pendenza, potrà richiedere più di una prova, mentre se sappiamo che il fondo è assolutamente piatto, basterà fare la misurazione sotto la punta della canna.
La misurazione a più riprese è necessaria perché tre o quattro centimetri di sollevamento dal fondo, quelli del piombo principale, sono davvero pochi, ma fondamentali. Basta avere un fondo morbido nel quale affonda la sonda e avremo una misurazione errata, quindi, bisogna armarsi di pazienza, ma ne godremo dei frutti in pesca.
Pesi e rapporti tra piombi
Per effettuare le prove di questa tecnica, ci siamo recati a pescare in un canale che sta salendo nelle valutazioni dei pescatori e di chi organizza gare, tanto che oggi è teatro di importanti manifestazioni a carattere nazionale.
Una delle caratteristiche dello spot è che è notevolmente influenzato dalle maree, perché sbocca in mare. Per questo, bisogna essere preparati adeguatamente sia con lenze leggere, da impiegare negli intervalli di marea con acqua ferma, sia con quelle più pesanti e talvolta occorrono anche delle vele da diversi grammi per pescare bene.
Questo è il motivo per cui abbiamo montato delle “trappole” da circa un grammo fino ai tre grammi. La cosa sorprendente di questo montaggio è che anche con una grammatura molto leggera, grazie alla concentrazione della piombatura è possibile spingere fuori la lenza agevolmente e, soprattutto tenerla ferma anche con un po’ di vento grazie all’importante porzione appoggiata a terra, riassumibile come segue: 25-35 cm di finale, 15-20 cm dall’asola al primo piombo, 40-60 cm dal primo al secondo piombo. In tutto fa da 80 a 115 cm di lenza appoggiata che è sicuramente un buon ancoraggio, anche se si è molto leggeri.
E ora veniamo alla parte più delicata, quella del rapporto dimensionale tra la sezione di piombo appoggiata e quella sollevata dal fondo. La prima deve essere minore della seconda, questo è chiaro, ma di quanto?
Per lenze molto leggere, intorno al grammo, la differenza è poca. Diciamo che la suddivisione ideale è di un 35% circa per il piombo da appoggiare e del 65% per l’altro. Per lenze più pesanti la differenza percentuale può essere maggiore data la maggiore stabilità di un montaggio del genere.
Come realizzare i “pallettoncini”
I piombi sferici chiamati pallettoni sono facilmente reperibili in qualsiasi negozi, più difficile trovarne di quelli di misura pari a frazioni di grammo. Realizzarli è però estremamente semplice, basta una pinza e un galleggiante con deriva in acciaio armonico.
Si mette la deriva del galleggiante nella fessura di un normale pallino di piombo e poi si schiaccia. La fessura si chiuderà, ma nella parte centrale si realizzerà il foro nel quale far passare il filo.
Non preoccupatevi se il pallino assumerà una forma irregolare e non sarà perfettamente sferico, perchè questa forma reggerà molto di più il fondo in caso di corrente!
I vantaggi del metodo
Sono molteplici. Innanzi tutto la facilità con cui si stende anche una banniere molto lunga e poi l’estrema stabilità del sistema, molto resistente anche al vento contrario. In secondo luogo, le distanze che si raggiungono che non sono pari alla lunghezza della banniere, ma a questa vanno aggiunti anche gli 80-115 cm della parte appoggiata al fondo.
Poi va considerata l’ottima sensibilità del sistema con il piombo appoggiato che, essendo scorrevole, non si fa minimamente sentire dal pesce durante l’abboccata. Sono caratteristiche, queste, che vanno tenute nella massima considerazione quando la pesca si fa davvero difficile, cosa che accade non solo in inverno, ma in tutte le stagioni e che sono all’ordine del giorno su qualsiasi campo di gara sottoposto a forte pressione.
E se non si vede?
Nonostante la porzione appoggiata al fondo, quando il sistema è in pesca e il filo in leggera tensione, il galleggiante va in pesca regolarmente, anzi, se non lo fa e risulta leggermente spiombato per la quantità di zavorra appoggiata, bisogna fare in modo, manovrando opportunamente la punta della canna, che sia quasi “a bolla”.
Diversamente arriveremmo sempre in ritardo sulla mangiata. Il problema è che peschiamo molto leggeri con galleggianti muniti di antenna sottile e la visibilità può pesantemente risentirne.
Non dimentichiamoci che peschiamo a una distanza pari a 13 metri di canna più i 3 o 4 della banniere con galleggiante quasi affogato. Per questo è bene avere con sé qualche sistema che amplifichi la visione del galleggiante. Uno di quelli che abbiamo trovato estremamente valido è l’applicazione all’antenna di piccole gocce o cilindretti in una sorta di foam in colori fluo. Hanno una portata praticamente pari a zero, ma rendono l’antenna del galleggiante perfettamente visibile anche nelle peggiori condizioni di luce.