L’ultimo frangente è sicuramente una certezza, un punto fermo di riferimento. Ma non è detto che sia l’unico punto da ricercare.
In spiaggia i pesci e particolarmente i predatori se la spassano dove c'è turbolenza e quindi è vero che la zona dei frangenti è sinonimo di cattura, ma non deve essere intesa esclusivamente come l’unica.
In effetti la zona fertile è tutta quella che abbiamo di fronte, dal gradino di risacca fin dove c'è della schiuma bianca. Non sentiamoci persi se le nostre esche non riescono ad andare oltre la zona più turbolenta!
Per quanto riguarda le zone apparentemente calme, come il canale di ritorno dell’acqua e le cavità che si formano grazie alla turbolenza delle onde in prossimità della battigia, risultano comunque fruttuose.
Infatti sebbene la turbolenza sia inferiore a quella che accompagna le onde, in questi casi siamo in presenza di forti correnti che scavano sul fondo ottenendo lo stesso risultato: quello di disseppellire anellidi e piccoli organismi. In pratica, tutta l’area turbolenta è frequentata dai pesci. Individuare un canalone magari dall'alto di una duna è una cosa abbastanza semplice.
Inoltre le garanzie che dà, in termini di pesca, sono piuttosto invitanti, tanto da rappresentare una tentazione così forte che al novantanove per cento dei casi si rinuncia a qualsiasi altro tentativo.
La vera ragione che pone in evidenza il canalone, il canale di battigia e l'ultimo frangente, rispetto alle aree circostanti, è che si tratta di postazioni molto facili da sfruttare e ben individuabili.
A pochi metri
L’altra storia che si può dire che non sia sempre la stessa è che i pesci stanno lontano; mentre li possiamo trovare a pochi passi da noi!
Praticamente tutte le specie classiche del surfcasting non disdegnano, chiaramente nelle giuste condizioni di moto ondoso e di alta marea, di razzolare a pochissimi metri dalla battigia.
I predatori, come la spigola, si aggirano spesso nel primo canale prospiciente la spiaggia in cerca di facili prede e le mormore amano grufolare nelle ore notturne nelle calde e basse acque. Per non parlare poi delle tracine, delle lecce stella, e del cefalo che si avvicina al sottoriva per mangiare i residui alimentari in sospensione.
Sicuramente sarà capitato a tutti di catturare casualmente una bella preda. Non c’è nulla di strano nell’episodio ed allora perché non approntare una battuta di pesca mirata esclusivamente alle possibili catture del sottoriva?
Tra l’altro bisogna fare attenzione anche ad altre importanti accortezze.
Oltre al canale di ritorno, all’ultimo frangente e le cavità prossime alla battigia, c’è dell’altro che bisogna sapere e tenere in considerazione.
Abbiamo da sempre immaginato l'ultimo frangente come una barriera di sabbia e detriti, più o meno parallelo alla riva, che si forma durante le forti mareggiate e rimane invariato nella forma e nell’ampiezza fino a quando la prossima mareggiata non ne cambierà l’assetto.
Questa barriera è ben più estesa di un semplice canale e la sua profondità è tale che coprire lo spazio tra l'ultimo frangente ed il cavo di battigia, in pratica tutta la zona di battimento dei frangenti.
Ma guardando attentamente la superficie del mare, sempre dall'alto, la zona di caduta dei frangenti risulta segnata da una o più lingue perpendicolari alla riva che arrivano fino alla battigia, quasi come un’estensione della zona calma.
In corrispondenza di queste lingue, l'acqua in eccesso, accumulatasi a riva per il trasporto delle onde, defluisce verso il largo e scava sulla sabbia un vero e proprio canale; il canale di ritorno.
Lungo il canale, l'aumentata profondità dell'acqua fa sì che le onde non interagiscano col fondo, così come succede al largo, ed è per questo che non frangono e la superficie è apparentemente calma.
Si tratta di una delle zone utili dove è sufficiente appoggiare un'esca per fare delle buone catture, oltretutto senza doversi preoccupare di lanciare obbligatoriamente il terminale a cento o più metri.
Non tutte uguali
Le spiagge è ovvio, non sono tutte uguali; cambiano per morfologia, profondità, sedimentazioni, ed altro ancora. Di conseguenza vanno affrontate, spesso, in maniera diversa.
Guardiamo da vicino la pesca sulle grandi spiagge. In molti casi lunghe diversi chilometri, rappresentano il luogo ideale dove praticare il surf casting, il posto ideale dove un bravo pescatore può esprimere al meglio le proprie doti, ad iniziare dalla scelta della postazione, che in questi luoghi assume un’importanza decisiva.
Chiaramente le cose cambiano affrontando una battuta a mare calmo piuttosto che durante una forte mareggiata e, anche in questo caso, la conoscenza delle abitudini alimentari dei pesci e il sapere come loro si muovono lungo una spiaggia di questo tipo ci aiuta molto e può determinare il successo o il fallimento della nostra uscita.
In generale, insidiando le mormore in condizioni di mare calmo, sceglieremo i tratti di costa in prossimità di una secca dove potremo sfruttare la corrente più leggera, ponendo i nostri picchetti su una lingua di sabbia.
Durante una scaduta, sceglieremo un bel canalone pescando tra la schiuma alla ricerca di una spigola. Anche in questo caso, sia per quanto riguarda la pesca delle mormore che delle spigole, una particolare attenzione va posta nella scelta delle montature e dei terminali che è bene siano sempre realizzati con la massima cura, impiegando fili e minuteria di buona qualità e prestando la massima attenzione agli snodi, punto sempre assai critico e soggetto alla formazione di grovigli.
Ottima la soluzione che prevede l’inserimento di una micro girella sul trave, racchiusa tra due perline, il tutto tenuto insieme da due piccolissimi nodi di fermo effettuati con del comune filo da legature.
In sostanza, una montatura semplice ed efficace che ci permetterà di realizzare un terminale ad uno o più ami, all’occorrenza scorrevoli, in modo da poter posizionare i nostri finali là dove desideriamo.
Di notte, diversamente dal giorno
Prendiamo in esame quest’ultimo caso, vale a dire la pesca di notte e su come organizzare una battuta notturna facendola rendere al meglio.
Innanzitutto l’idea di pescare durante la notte non deve indurre nell’errore di arrivare in spiaggia quando è già buio, ma al contrario è assolutamente indispensabile, come già detto altre volte, presentarsi sulla postazione scelta con almeno un paio d’ore d’anticipo sul tramonto.
Inoltre è bene montare e organizzare la postazione e l’attrezzatura con tranquillità in modo comodo e razionale, così da poter affrontare il buio completamente padroni del nostro spazio operativo, a nostro agio anche quando la visuale sarà ristretta al limitato fascio di luce della lampadina.
Dopo aver montato le canne, anche i primi lanci è opportuno che siano fatti alla luce del sole, per rendersi conto visivamente dove cadono le nostre esche, la vera distanza che siamo in grado di coprire, e soprattutto per valutare ad occhio i possibili punti caldi che nel corso della battuta dovremo sondare con più insistenza, come avvallamenti del fondale o chiazze di alghe, scalini di risacca o eventuali rocce sul fondo.
Tutte queste valutazioni, di importanza assolutamente fondamentali per un buon risultato, sono quasi impossibili da effettuare al buio, e comunque oltre ad una grande esperienza richiedono la perdita di un bel po’ di tempo, magari proprio in un momento in cui invece potremmo essere impegnati con pesci già in attività.
Nell’impostare l’azione di pesca, se non abbiamo informazioni particolari che ci inducano a tentativi specifici, è prudente partire con soluzioni di esche e terminali standard. Si può iniziare quindi innescando arenicola su terminali non troppo spessi, utilizzando finali mono amo abbastanza lunghi superiori anche al metro.
Se la corrente li lascia pescare bene senza aggrovigliarli continuamente, questi terminali sono fra i più adatti alla ricerca, hanno un’eccellente mobilità che non insospettisce e adescano come si deve.
Dovremo aver preparato e messo a punto tutto prima del tramonto, anche perché questo è il momento magico, che può già regalare i primi pesci, e non dobbiamo quindi farci trovare impreparati.
Quando il sole scompare all’orizzonte bisognerà già essere perfettamente operativi, con le esche in acqua e gli occhi sulle vette.
Forse i pesci del tramonto non saranno i più grossi, probabilmente qualche mormora, una piccola orata, ma una battuta che inizia con un po’ di movimento è già di buon auspicio!