Le Trote: le regine del Torrente

La trota, nella sua definizione ittiologica, è un pesce appartenente alla Classe degli Osteitti, all'ordine dei Clupeiformi, alla famiglia dei Salmonidi, alla sottofamiglia dei Salmonini e per finire al Genere dei Salmo.

Presentando il discorso così, come ad un corso di Veterinaria, i più potrebbero decidere di voltare pagina ed invece è fondamentale conoscere alcune caratteristiche della trota se la si vuole invitare nel migliore dei modi ad aggredire la nostra esca.

Le caratteristiche che portano a classificare la trota come suddetto e che interessano un pescatore sono essenzialmente le seguenti:

  • Respirazione attraverso le branchie;
  • Una bocca provvista di denti con mascelle ben sviluppate ed articolate al cranio;
  • Due sacchi olfattivi dorsali;
  • Occhi sviluppati senza palpebre;
  • Sangue scarso in rapporto al volume corporeo;
  • Linea laterale.

Analizziamo uno per volta i punti appena elencati.

Respirazione

Le trote respirano attraverso le branchie e quest’aspetto è di focale importanza qualora non si voglia danneggiare la trota per ridonarla alla Natura. Per rilasciare la trota in ottime condizioni fisiche, è  fondamentale compiere determinate azioni atte a non comprometterne la salute. La prima di esse, molto spesso trascurata, è quella di non stremare la trota, provocandone un eccessivo stress da cui potrebbe non riprendersi. La seconda azione fondamentale per non danneggiare la trota è quella di bagnasi per bene le mani prima di toccarla ed, in caso di guadinatura, utilizzare un guadino bagnato a maglie morbide. In tal modo non si danneggia la mucosa protettiva presente sul corpo della trota e non la si espone al rischio di malattie infettive. Altro fondamentale per un corretto rilascio è l'utilizzo di un amo adeguato, che non venga ingoiato, privato dell'ardiglione per minimizzare la ferita all'apparato boccale. In ultimo – e qui entrano in gioco le branchie – qualora si voglia fotografare la trota, è necessario porre attenzione a reggerla minimizzando i punti di contatto. Assolutamente bisogna evitare di infilare le dita nelle branchie per scattare la foto di rito, poiché potrebbero generarsi gravi problemi d'infezione negli organi respiratori della trota.

Apparato boccale

La trota è un predatore e dunque possiede una bocca con mascelle potentissime e denti in grado di arpionare ed uccidere la propria preda. Non possiede denti in grado di strappare la carne delle prede. Riguardo alla bocca è sicuramente interessante sottolineare come la trota sia dotata di organi di senso del gusto e dunque può assaporare un'eventuale esca e decidere se sia gradevole o meno. In più può anche sentirne la consistenza. Talvolta ad esempio ci si può trovare ad insediare trote che rifiutano categoricamente delle esche dure come grilli, cavallette, caimani o formiconi. Altre volte, anche se più raramente, può avvenire il contrario e si assiste a trote che prediligono di gran lunga esche dure rispetto a larve, camole o lombrichi. Questo fattore è anche molto legato all'ambiente in cui vive la trota, ossia all'imprinting fornito al pesce da Madre Natura.

Olfatto

La trota può annusare. Altro fattore fondamentale da non sottovalutare. Pescare con un’esca che emana un odore particolare può seriamente pregiudicare od al contrario esaltare l'esito della battuta di pesca.

Vista

Questa è indubbiamente la caratteristica principale di un predatore come la trota, che utilizza gli occhi per intercettare la preda.

Gli occhi delle trote sono privi di palpebre e questo causa la riluttanza di tali pesci ad esporsi ai raggi luminosi. In effetti una luce diretta ne comprometterebbe inevitabilmente la vista. Ecco perché la trota ama vivere nei rifugi bui ed ama cacciare quando la luce solare non è accecante.

Quando si pesca, inoltre, è opportuno evitare di avere il sole alle spalle, che proietta l'ombra del pescatore e della canna in acqua. In effetti i movimenti dell'ombra allarmano le trote e le portano a rifugiarsi.

Circolazione sanguigna

La trota non dispone di molto sangue, dunque presenta una spiccata vitalità solo qualora l'acqua nella quale vive sia sufficientemente calda e permetta al suo metabolismo di funzionare a pieno regime. Un'acqua troppo fredda blocca il metabolismo della trota, inibendo i succhi gastrici e rallentando la circolazione sanguigna. Ecco perché pescare le trote nelle gelide acque invernali è tutt'altro che facile. In tale stagione bisogna approfittare di momenti di calore e luce che scaldano l'acqua e attivano maggiormente la trota.

Linea laterale

La linea laterale delle trote è costituita da organi di senso che avvertono la pressione. In acqua la pressione è generata dalle onde pressorie causate da qualsiasi corpo od oggetto in movimento. La trota può captare, attraverso la linea laterale, movimenti minimi a molti metri di distanza. Inoltre può distinguere nettamente il movimento di una probabile preda dal movimento di un predatore ed agire di conseguenza.

Questa caratteristica delle trote comporta diversi aspetti da prendere in considerazione: il primo è indubbiamente legato al fatto di muovere l'esca nel modo più naturale possibile, in modo da non insospettire le trote selvatiche. Per movimento naturale si può intendere quello della passata dell'esca come se fosse trasportata dalla corrente o quello della simulazione di un pesciolino in difficoltà, che fatichi a nuotare.

Al contrario, volendo adescare trote d'immissione, fortemente influenzate dal loro istinto, ma dalla totale assenza di esperienza pratica di quale sia il cibo naturale da predilire, l'azione di pesca dovrà essere per lo più a risalire la corrente con esche in forte rotazione. In tal modo le trote subiscono una sovreccitazione della linea laterale, che porta inevitabilmente ad aggredire l'esca.

Ultimo aspetto da non sottovalutare è l'approccio al luogo di pesca. Nelle piccole acque dei ruscelli e dei torrentelli è assolutamente da evitare l'ingresso in acqua se non in determinate circostanze in cui si peschi a risalire e si utilizzino teleregolabili piuttosto lunghe per sondare punti molto distanti dal pescatore. In effetti, l'ingresso in acqua provoca l'immediata fuga delle trote nei ripari più sicuri e pregiudica irrimediabilmente la battuta di pesca.

Le trote che abitano le acque italiane appartengono principalmente a quattro diverse specie:

  • Fario;
  • Macrostigma;
  • Marmorata;
  • Iridea.

La regina dei torrenti è chiaramente considerata la Trota Fario, la più presente. La Marmorata è presente nei grandi fiumi di pianura del Nord Italia, come il Piave. L'Iridea, l'unica specie non autoctona delle acque italiane, viene immessa attraverso ripopolamenti. La Macrostigma è, invece, una specie piuttosto rara presente in pochi corsi d'acqua.

L'affascinante storia della Trota

Dagli studi effettuati sembra che nel periodo che precedette la glaciazione del Quaternario, la Salmo Trutta era l'unica specie di trota presente e viveva in mari freddi. In seguito alla glaciazione, le trote di mare migrarono verso habitat più ospitali e giunsero anche nel Mar Mediterraneo. Verso la fine della glaciazione, lo scioglimento dei ghiacciai provocò un riscaldamento ed un abbassamento di temperatura del Mar Mediterraneo. Per tal ragione, la Salmo Trutta, bisognosa di acque fredde e fortemente ossigenate, risalì i corsi d'acqua dolce sino a giungere in prossimità di laghi e torrenti montani. In tali luoghi le trote si adattarono fortemente ai nuovi habitat variando livrea. Così dalla superspecie Salmo Trutta, del genere Salmo, si ebbero tre principali semispecie: la Fario (Salmo Trutta Trutta), la Marmorata (Salmo Trutta Marmoratus) e la Macrostigma (Salmo Trutta Macrostigma). Le trote che invece migrarono verso l'Atlantico ed il pacifico diedero vita alla trota iridea (Salmo Trutta Irideus). Nella classificazione delle trote italiane non bisogna dimenticare il Ceppo Mediterraneo delle trote appenniniche. In più anche i Carpioni del Fibreno e del Garda discendono dalla Salmo Trutta.

Bisogna precisare che gli studi sull'origine delle trote sono continuamente in corso e negli anni a venire potrebbero apportare novità interessanti oltre a stravolgere la nomenclatura usata correntemente.

La Trota Fario (Salmo Trutta Trutta)

La trota fario è un pesce che inizialmente si diffuse nei torrenti montani alpini. Oggigiorno la si può trovare in tutta la penisola italiana, in corsi d'acqua freddi e ben ossigenati. La si riconosce facilmente per le macchie rosse e nere, talvolta anche di grandi dimensioni, che puntellano la livrea, soprattutto in prossimità della linea laterale. Le macchie sono spesso contornate da un alone bianco. La Fario si nutre prevalentemente di insetti, macroinvertebrati del fondo e piccoli pesci e può raggiungere un peso di 1,5 kg.

La maturità sessuale insorge a due anni di età per i maschi ed a tre anni di età per le femmine. I Maschi sono facilmente riconoscibili dalle femmine, dato che presentano la mandibola inferiore sporgente rispetto a quella superiore. Il periodo di riproduzione va da Novembre a Febbraio e la deposizione delle uova avviene per lo più su substrati giaioso-ciottolosi, adatti alla fecondazione.

La Trota Marmorata (Salmo Trutta Marmoratus)

La Trota Marmorata è un pesce presente nel Po e nei suoi affluenti alpini, nel Veneto, nel Trentino e nel Friuli Venezia Giulia. Staziona nelle zone del piano di grandi corsi d'acqua e può raggiungere enormi dimensioni, fino ai 10 kg. Si riconosce facilmente per la vermicolatura grigio-bruna o verdastra presente sulla livrea. Si alimenta prevalentemente di altri pesci e si riproduce nei mesi di Novembre e Dicembre, prediligendo, per la fecondazione, fondali ghiaiosi poco profondi.

La Trota Macrostigma (Salmo Trutta Macrostigma)

La Trota Macrostigma si è diffusa originariamente nelle regioni peninsulari tirreniche, in Sardegna, Corsica e Sicilia. Si riconosce dalla presenza di una grossa macchia nera sul preopercolo o sull'opercolo e per la presenza di punti scuri lungo i fianchi. Presenta anche le cosiddette Macchie Parr, ossia delle ocellature griogio-brunastre, con riflessi talvolta azzurrati, lungo i fianchi. La Macrostigma è diffusa in torrenti montani con acque fresche ed altamente ossigenate. Si nutre di insetti, macrovertebrati e piccoli pesci. Si riproduce a fine inverno, nei mesi di Febbraio/Marzo, deponendo le uova su fondali ghiaiosi.

La Trota Iridea (Salmo Trutta Irideus)

La Trota Iridea non è un pesce autoctono italiano. In effetti l'Iridea è originaria del Nord America ed è molto diffusa lungo le coste atlantiche canadesi e nei fiumi che sfociano nell'Oceano Pacifico settentrionale. Attraversando lo stretto di Bering, l'Iridea ha colonizzato anche le coste della Siberia, della Cina e del Giappone. Inizialmente si credeva che l'iridea asiatica fosse diversa da quella americana, tant'è vero che vennero classificate con due nomenclature differenti, la Salmo Gairneri e la Salmo Mykiss. In epoche più recenti, gli studiosi hanno constatato che in realtà si trattava di un'unica specie, che indicarono come Salmo Irideus. L'iridea è facilmente riconoscibile per la livrea caratterizzata da una striscia di colore iridescente che varia dal rosa al rosso, acuendosi durante il periodo riproduttivo. Inoltre l'iridea presenta un dorso bluastro o verdastro, il ventre biancastro e numerose picchiettature nere su tutto il corpo. Per la peculiare colorazione, l'Iridea viene anche chiamata Trota Arcobaleno (Rainbow Trout in Nord America). L'Iridea è stata importata dall'America in Europa a partire dal 1880, quando fu seminata in Danimarca e Francia. In Italia è giunta nei primi anni del Novecento nei laghi del Friuli Venezia Giulia. Più volte è stata immessa anche nelle acque correnti italiane, ma in tali ambienti non riesce a riprodursi e dunque non si è mai diffusa. L'Iridea riesce a sopravvivere in acque meno fredde e meno ossigenate se confrontata con le altre specie presenti in Italia. In effetti l'Iridea vive tranquillamente anche in acque con temperature superiori ai 20°C e con un tasso di ossigeno inferiore ai 6 cmc, condizioni impossibili per le altre specie. L'iridea, qualora immesa in acque correnti, preferisce stanziare in acque del piano od al massimo della collina, dove la vegetazione è rigogliosa. Se l'ambiente s'impoverisce di cibo, tende a spostarsi verso valle, contrariamente al comportamento della Fario che invece tende a risalire i corsi d'acqua. Lo spostamento verso acque di valle sembrerebbe essere anche la causa che impedisce all'Iridea di riprodursi allo stato libero nei corsi d'acqua. In effetti mentre le femmine, sessualmente mature al terzo anno d'età, si spostano verso valle per deporre le uova in ambienti ricchissimi di cibo, i maschi, sessualmente maturi al secondo anno d'età, rimangono nelle zone abituali e non fecondano le uove. Se l'Iridea non riesce a riprodursi in Natura è pur vero che in Italia esistono moltissimi stabilimenti ittiogenici, dove l'Iridea viene allevata.

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