Il cavedano è il più amato dai pescatori alla passata, garantisce, se insidiato nei modi giusti, divertimento in tutte le stagioni. Vediamo come catturarlo con la frutta, una pesca antica, un po' dimenticata.
La pesca con la frutta ha innumerevoli vantaggi: è economica, pulita e ci permette di evitare il fastidio della minutaglia. Ma è poco praticata, principalmente perchè si ritiene che queste esche richiedano una pasturazione preventiva che la maggior parte dei pescatori non ha il tempo e la voglia di realizzare.
In realtà la pasturazione preventiva serve solo per alcune di esse, quindi vediamo in dettaglio ognuna di queste esche, presentadole secondo la loro stagionalità.
La ciliegia
Nella seconda metà del mese di giugno, quando questo frutto giunge a piena maturazione, è arrivato il momento di prendere dei grossi cavedani che di questa rossa bacca sono ghiottissimi.
La ciliegia richiede una pasturazione preventiva per abituare i cavedani a cibarsene, pasturazione che può essere fatta anche in un'unica soluzione, gettando in acqua una certa quantità di frutti, più questi sono maturi e meglio è, almeno un paio di giorni prima di quello in cui ci recheremo a pesca.
Quanta frutta gettare dipende esclusivamente da quanto è grande lo spot, da quanto corre l'acqua e se i pesci che tenteremo di insidiare conoscano già le ciliege, per essere stati pasturati negli anni precedenti, o meno.
Una cosa da evitare assolutamente, quando si pesca con frutti come le ciliege, le more o l'uva, è quella di pasturare massicciamente il giorno stesso della pescata. Non solo non serve a nulla, ma si può stare certi che non prenderemo nulla.
In genere i posti migliori per pescare con questo frutto sono quelli in cui l'acqua rigira e la corrente è piuttosto lenta: le grandi buche, le vasche a valle delle cascate, tutti quei luoghi nei quali la corrente rallenta.
Questo per due motivi: il primo è che in questi luoghi i frutti gettati non vengono portati via dalla corrente ed i pesci hanno il tempo per trovarli ed imparare a gradirli; il secondo è "tecnico", ovvero legato al fatto che con una corrente lenta avremo modo di pescare appoggiando l'esca al fondo senza che il galleggiante ci segnali continue affondate.
In luoghi con corrente più sensibile, non avremo altra soluzione che pescare leggermente staccati dal fondo. Nella costruzione della lenza non ci sono particolari accorgimenti da adottare se non quello di considerare il peso del frutto, che non è indifferente e pertanto la piombatura sarà leggermente in difetto.
Per l'innesco della ciliegia si usano ami di dimensioni adeguate al frutto, preferibilmente a curva larga e si deve avere l'accortezza di innescare il frutto dopo averlo privato del nocciolo, in modo da poterlo "cucire" facilmente con l'amo per non rischiare di ferrare a vuoto perchè l'amo non riesce a pungere il labbro del pesce per la resistenza del frutto stesso.
Se non avete mai provato a pescare con le ciliege seguite un consiglio, provate! Non sappiamo bene quale sia il motivo, ma questi frutti piacciono soprattutto ai pesci di taglia maggiore e quando il galleggiante affonda, ci si può aspettare che dall'altro capo della lenza ci sia un grosso cavedano.
Il sambuco
Con l'arrivo del mese di luglio la pesca assume definitivamente i connotati tipici della stagione calda: i livelli dei fiumi calano, le temperature esterne salgono oltre i 30 gradi e capita di incappare in giornate dove i pesci sono abulici e non si fanno le catture sperate, per taglia o per numero.
Dovrebbe essere un periodo di grande attività, ma un po’ per via delle condizioni climatiche ed un po’ a causa del fatto che d’estate la pressione piscatoria sui fiumi è al massimo, con conseguente “stress” del pesce che si trova ad avere cibo in abbondanza e continuo disturbo, l’esito delle uscite non è affatto scontato.
Non si parla di cappotti, ovviamente, ma quando si prende qualche pesce dove solo un mese prima si facevano pescate favolose, è doveroso domandarsi se non sia il caso di cambiare qualcosa nel nostro modo di pescare, troppo spesso fermo al solo bigattino.
In questo periodo il sambuco è un'esca che ci può regalare qualche splendida uscita, in compagnia dei cavedani ovviamente, ma le sorprese sono sempre possibili come carpe, golose di frutti dolci e zuccherini, oltre ai sempre più presenti barbi.
Pensiamo non esista pescatore che non lo conosca il sambuco, cresce in abbondanza lungo i fiumi e lungo le strade di campagna e di collina, tanto da poter essere reperito da tutti con estrema facilità, senza alcuna spesa.
Quest'esca non richiede pressoché alcuna pasturazione, vuoi perché le piante sono abbondanti lungo i corsi d’acqua e da sempre, lasciando cadere in acqua le bacche mature, effettuano una pasturazione naturale. Vuoi perché c’è l’abitudine di pescare con quest’esca e spesso i pesci sono già abituati.
Con il sambuco, non solo l’innesco, ma anche la pasturazione è del tutto simile a quella con il bigattino. A questo proposito, è utile raccogliere il sambuco e sgranarlo in un secchio il giorno prima dell’uscita: in questo modo, una volta sul fiume, si può pasturare con manciate di bacche senza dover perdere tempo, ogni volta, a staccarle dal grappolo. A tutto vantaggio del ritmo di pasturazione e della fluidità dell’azione di pesca.
Quando si pesca col sambuco, non bisogna temere di sfamare il pesce: questo non significa dover gettare in acqua chili di bacche, ma piuttosto una pasturazione costante che non rischia di sfamare il pesce, un po' come accade a noi con alimenti leggeri ed acquosi, che non ci fanno avvertire alcuna pesantezza.
Le bacche di sambuco si innescano ricorrendo al classico sistema della cucitura: si inserisce l’amo nel foro lasciato dal picciolo, lo si fa uscire dal lato, quindi si estrae l’amo, lo si gira e lo si pianta di nuovo nella bacca. Una leggera trazione del finale et voilà, l’innesco è pronto.
Se abbiamo scelto un amo di misura adeguata, un 20 per il singolo acino è perfetto, l’innesco risulterà ben resistente ai lanci sottomano mentre dovremo fare attenzione a lanciare con la bolognese. Un lancio un po’ frustato farebbe certamente volare via l’esca.
L’innesco della doppia bacca è simile, con la sola differenza che l’amo di dimensioni maggiori ci permette di trapassare la prima bacca che facciamo poi scivolare lungo il filo. Ora basta innescare la seconda bacca cucendola sull’amo e fare scendere la bacca già innescata per avere una presentazione perfetta.
Le bacche, ripetiamolo, si trovano un po’ ovunque e maturano nel mese di luglio fino alla prima metà di agosto. Man mano che la stagione avanza, i grappoli da gonfi e turgidi si fanno sempre più secchi e striminziti e dovremo cercare le piante più in ombra o salire fino alle colline per trovare ancora bacche mature.
Poi, come ogni cosa bella, anche la pesca col sambuco termina per lasciare posto ad altre esche stagionali, come l’uva e le more di rovo. Un piccolo trucchetto: le bacche di sambuco macchiano molto ed in breve avremo le dita viola, ma basterà strofinare le dita con mezzo limone per cancellare ogni traccia.
La mora di rovo
I rami spinosi dei rovi, che noi pescatori ben conosciamo, nei mesi estivi ci regalano dei dolci frutti con i quali si fanno perdonare per i graffi che ci infliggono e per i fori che causano ai nostri waders.
Le more di rovo sono un’esca usata davvero pochissimo, ma in grado di regalare catture esaltanti, a patto di sapere un paio di semplici cose. Intanto la mora va usata senza pastura o quasi: i cavedani sono attratti da questo frutto, ma se ne stancano anche piuttosto in fretta, probabilmente a causa dell'alto contenuto zuccherino.
Non è necessaria alcuna pasturazione preventiva, basterà gettare, di tanto in tanto, una o due more schiacciate tra le dita, in modo da ridurle in poltiglia. Se facciamo le cose per bene, i cavedani attaccheranno con foga la mora innescata sul nostro amo, tant’è che spesso capita di vedere mangiate nette su esche sostenute a mezz’acqua da fili non proprio esili.
Tanta foga però dura poco. Il tempo di fare qualche cattura e poi sarà necessario spostarsi, facendo quindi una pesca itinerante: niente nassa, solo una bolognese della misura adatta al corso d’acqua ed un paio di manciate di more, questo è quanto serve per divertirsi con i cavedani ed un'esca insolita.
Per quel che riguarda le lenze da usare, c’è poco da dire, se non che non sono necessarie lenze particolarmente sofisticate, anzi si possono anche usare finali un po’ più robusti del solito. Fate attenzione al peso della mora che, come la ciliegia del resto, è piuttosto consistente. Dobbiamo quindi sottotarare il galleggiante.
Amo di misura adeguata ai frutti e dalla forma arrotondata, poco importa il colore dato che sarà completamente coperto dall’esca. La cosa fondamentale da conoscere, data la scarsa tenuta dell’esca all’amo, è il modo di innescare la mora. Il sistema migliore consiste nel tagliare il frutto appoggiando il finale sul lato e forzandolo fino ad arrivare al centro. Una volta fatto questo, tiriamo verso l’alto ed avremo l’amo ben piantato al centro del frutto La mora di rovo ha una stagionalità piuttosto corta, come il sambuco.
Le more comunque si possono congelare oppure si possono acquistare dal fruttivendolo, in piccole confezioni. Il costo al chilo delle more di serra è piuttosto elevato, ma non ce ne servono molte per fare una bella pescata quindi… se non volete pungervi le dita, sapete come fare!
L’uva
L’uva, è risaputo, è una delle esche più appetite dal cavedano. La tradizione vuole che sia un'esca settembrina anche se in realtà, belle pescate con l’uva si possono fare durante tutta la bella stagione, tanto gli acini d'uva sono appetiti dai cavedani.
L’uva da usare deve essere nera e dagli acini piuttosto piccoli: la migliore è certamente l’uva fragola, che già dal mese di luglio si riesce a reperire nei mercati ortofrutticoli. Ci sono cultori di questa esca che la congelano quando è facilmente reperibile per poi usarla già a giugno dell'anno successivo.
Per poter disporre di frutti utilizzabili, dovremo avere l'accortezza di congelare graspi interi, senza togliere i singoli acini dal grappolo, pena il ritrovarsi, una volta scongelati, acini che non presentano alcuna tenuta. Se congeliamo il graspo invece, potremo disporre di acini piuttosto "teneri", ma certamente in grado di resistere all'amo.
Per l’innesco, il sistema migliore è quello di utilizzare un ago da carpfishing, con il quale trapasseremo l’acino. Una volta compiuto questo passaggio, agganceremo l’amo all'occhiello e lo potremo far passare facilmente attraverso l'acino, grazie all'ago.
Essendo un'esca voluminosa e pesante, se peschiamo a passata, dobbiamo farla passare vicino al fondo, ma senza toccarlo, pena continue affondate del galleggiante. Se invece si pesca in briglie o larghi rigiri, possiamo anche appoggiare il chicco sul fondo.
La lenza non ha nulla di particolare, dovrà adattarsi alla corrente dello spot in cui ci troveremo a pescare mentre l'amo, anche in questo caso preferibilmente di forma tondeggiante, dovrà essere adeguato alle dimensioni, dell'acino. Non c'è bisogno di esagerare, un 12 è un "gancio" più che sufficiente.