L’iconografia classica da sempre rappresenta il pescatore di trote, in un contesto idilliaco: vallate verdi in mezzo alle montagne, acque scroscianti limpidissime, schiume candide, massi coperti di muschio smeraldo… il tutto, in una paradisiaca quiete e solitudine.
Posti così esistono ancora e rappresentano il massimo che si possa desiderare, ma è anche onesto dire che, purtroppo, sono sempre più rari. Più prosaicamente, diremo che la pesca alla trota si può attuare in qualunque posto abbia acqua sufficientemente pulita e ossigenata: fiume, ruscello, torrente, sorgiva, canale di irrigazione, scolmatori… e chi più ne ha più ne metta.
Questo per due fondamentali motivi: il primo è che, la trota, pur che abbia un’acqua solo un tantino decente, può vivere e prosperare dappertutto, il secondo, che, negli ultimi anni, i salmonidi sono stati immessi un po’ ovunque, anche in acque che originariamente non li ospitavano.
A volte, a creare condizioni favorevoli, sono stati gli interventi umani (dighe, bacini artificiali, tratti canalizzati ecc.), che, paradossalmente, hanno, come effetto collaterale, quello di creare situazioni adeguate alle esigenze vitali della specie, e per temperature, e per qualità delle acque stesse. I ripopolamenti estemporanei, poi, fanno il resto.
Quali sono, dunque, le condizioni che ci permettono di incontrare la nostra bella signora? Innanzi tutto, un ambiente con modesti valori d’inquinamento, portata idrica quel tanto che basta a garantire movimento e azioni di caccia, e temperature abbastanza fredde.
Ricordiamo, infatti, che la trota ha bisogno di acque ben ossigenate e che la quantità di ossigeno disciolta è, rispetto alla temperatura, inversamente proporzionale: più la temperatura è bassa, più alta è la concentrazione di ossigeno.
Man mano che la temperatura sale, l’ossigeno diventa sempre meno concentrato, fino a raggiungere livelli critici per la sopravvivenza delle specie ittiche. A tale proposito, è bene notare che non tutti i pesci hanno le stesse esigenze: un’anguilla, un pesce gatto, una carpa, ad esempio, tollerano acque piuttosto calde e con livelli di ossigeno minori… anzi diventano più attivi quando la temperatura sale un po’.
In linea di massima, le acque di montagna, proprio perché più fredde, presentano condizioni ottimali per le esigenze vitali e riproduttive della trota. Tuttavia, anche a quote più basse, a volte a pochissima distanza dal mare, si possono trovare condizioni favorevoli, e a chi ha pazienza e voglia di pescare, persino le acque più impensate, possono riservare belle sorprese.
Magari non catturerà trote nate e cresciute sul posto (per riprodursi la trota è parecchio esigente) ma potrà agganciare esemplari frutto di semine, scesi con le piene dai tratti in alto, o migranti, per i più svariati motivi, lungo l’asta del corso d’acqua. Vediamo, allora, quali sono le principali acque da trota e quali possibilità di pesca offrano:
Torrenti di montagna
L’ambiente classico, il più affascinante e il più gratificante, con massi grandi e piccoli modellati dalle piene, tane buie e misteriose, schiume e rigiri che narrano storie di altri tempi…
Le sponde spesso sono disagevoli e il rischio di spiattellarsi sui massi viscidi, costante. Sul piano delle catture, potete aspettarvi qualsiasi sorpresa, soprattutto quando, a causa di un temporale improvviso, le acque si intorbidano e qualche “nonna” dalla livrea punteggiata di pallini scarlatti, si mette in caccia.
Comunque, anche quando i torrenti di alta quota regalano trote di dimensioni medio piccole, vi troverete attaccati all’amo pesci di una bellezza e di una colorazione da favola.
Consiglio: A causa delle acque molto limpide, specialmente in estate, è preferibile accostarsi alle pozze “stile Apache”, quasi strisciando e celandosi dietro i massi. Mostrarsi sull’argine come la “statua della libertà”, servirebbe a far sparire in un attimo le timide abitanti del torrente.
Inoltre, occhio alle vipere: spesso si mettono a prendere il sole proprio sui sassi tiepidi del greto! Anni fa, una mattina, risalivo di buon’ora una gola tempestata dal rosso della canapa acquatica e da mille fiori appena sbocciati…il torrente sembrava deserto.
Solo una minuscola fario aveva degnato di attenzione la mia lenza, ma andava bene così; l’ambiente, l’aria, i colori, tutto sembrava fatto apposta per trasmettere pace e serenità. A ridosso di un grosso masso si apriva una bella pozza invitante ed io, nel tentativo di celarmi alla vista, cominciai ad avvicinarmi radendo il suolo.
Proprio mentre mi apprestavo a calare la montatura nella schiuma e cercavo un punto di appoggio, mi parve di sentire un impercettibile sibilo.
Spostai lo sguardo in basso e rimasi pietrificato: due vipere, acciambellate in posizione di difesa, alzavano la testa a pochi centimetri dalla mia mano… Se l’avessi appoggiata sarei stato morso sicuramente e non so, con quella doppia iniezione, come sarei riuscito a raggiungere la macchina che avevo lontanissima. Fra l’altro, per la mia maledetta fissazione di godermi la natura in santa pace, tanto per cambiare, ero solo…
Le acque di sorgiva
Caratterizzate da temperature ideali, sono ambienti ristretti, bellissimi, spesso arricchiti dalla presenza di ninfee, piante acquatiche, alghe verdissime e una microfauna di elezione. A volte scorrono infrascate tra cespugli e vegetazione riparia ed è problematico, in stagione avanzata, avvicinarsi all’acqua, ma il gioco, a volte, vale la candela!
Di solito ospitano trotelle nate sul posto, o immesse allo stato di avannotto, slanciate, colorate e vivacissime, ma… non mancano le sorprese! Un anno, verso la fine di Aprile, pescavo in un tratto ormai abbandonato dai trotaioli dell’apertura.
Nel mio cestino giacevano tre pesci un po’ superiori alla misura consentita e mi sentivo decisamente appagato quando intravidi uno slargo d’acqua scintillare tra gli arbusti della sponda.
Mi infilai cautamente tra i rami e, giunto a portata, con la punta della canna spostai delicatamente le infiorescenze che coprivano la zona apparentemente più profonda. Dopo qualche istante, portato il minuscolo pallettone di piombatura a pochi centimetri dall’amo, calai un lombrico scodinzolante nel buco.
Dopo un istante, il cimino si piegò sotto un’energica trazione e rimase curvo, trasmettendo pesanti e lenti strattoni. Atteso qualche attimo, ferrai. Ci volle tutta l’esperienza acquisita per avere ragione di quella trota: lunga quasi 40 centimetri, bronzea, slanciata, con denti lunghi e forti e riflessi da incanto! Le piccole sorgive sono così, e se si fa tutto per bene, ci si può inebriare in un concentrato di sensazioni e di bellezze naturali.
Consiglio: Visto che spesso vi sono numerosi pesci di piccola taglia, è consigliabile pescare con un amo un po’ più grande del solito, per evitare che le voraci trotelline lo mandino giù, compromettendo il rilascio. Tanto, se viene la “vecchia”, ingoia senza problemi anche un “ferro” dell’uno!
Fiumi di fondovalle
Acqua abbondante, alveo largo, spianate alternate a raschi più veloci, ghiaie e sabbie in quantità variabile, trasparenza condizionata dalle precipitazioni, accesso agevole. Vengono ripopolati con regolarità, in occasione dell’apertura della pesca, con trote adulte, spesso bruttarelle, pancetta da ragioniere, pinne poco sviluppate e colori sbiaditi.
I corsi più grandi e maestosi, naturalmente, non hanno solo trote immesse, ospitano anche fior di pesci scampati alle insidie e diventati splendidi e furbi ma, in genere, sono trote che scelgono con cura le lenze alle quali attaccarsi!
Nei fiumi di fondovalle vi potrà accadere anche di allamare, al posto della tanto sospirata signora, qualche bel barbo, qualche cavedano o addirittura una bella carpa: poco male, una sorpresa in più non guasta mai e il divertimento è assicurato.
In estate, ancor più che altrove, tutto si complica, l’acqua si scalda, i livelli calano, le trote sembrano diventate rare ma…ci sono sempre! All’alba, o alle ultime luci del giorno, si mettono in caccia e per chi si trovasse sul fiume in quei momenti, la pescata da ricordare potrebbe diventare realtà.
Consiglio: Il giorno dell’apertura e quelli successivi, sarete in compagnia come a una sagra paesana. Quando il traffico sarà esaurito, e le trote calate vistosamente di numero, potrete fare le pescate più belle. Anche perché, i pesci immessi, dopo un giusto periodo di tempo, prendono colori più vivi, allungano le pinne e…calano la pancia!
Fiumi di risorgiva
Al nord, ne esistono di imponente bellezza e portata idrica, ma anche nel sud della penisola vi è qualche esempio meraviglioso di simili corsi d’acqua, basta pensare allo splendido Tirino, croce e delizia dei trotaioli abruzzesi.
La ricchezza e limpidezza delle acque, la portata sempre importante, la ricchissima flora e fauna subacquee, gli indicatori biologici di qualità, tutto contribuisce a fare di simili ambienti il regno ideale per la regina del fiume. Palestra e scuola d’eccezione per i pescatori a mosca, anche il pescatore con esche naturali trova pane per i propri denti affrontando un fiume di risorgiva.
Tutte le tecniche hanno modo di esprimersi in queste acque privilegiate, anche se le difficoltà oggettive ad affrontarle, possono scoraggiare i meno preparati e tenaci. I pesci? Di tutte le taglie, dalla “sardella” di pochi centimetri, alla “bestia” mozzafiato (e lenza!).
Ricordo che, agli albori della mia esperienza di trotaiolo, con paglie e campi ingialliti da un’estate caldissima, mi trovavo, un tramonto di luglio, sul Tirino, a recriminare sulla scarsa (?) appetenza delle trote locali e, molto di più, sul mio background tecnico che, letteralmente, mi impediva di risolvere qualsivoglia situazione.
Vedevo bollare, alla fine di una lama molto lunga, ma non sapevo come fare ad arrivarci e tanto meno convincere, quelle trote, a interessarsi della mia esca. Poi, ispirato da non so quale divinità, legai sul sedici del mio mulinello, a circa un metro dall’amo, un tronchetto di salice non più grande di un mozzicone di sigaro (non avevo galleggianti con me). Innescati a fiocco tre o quattro piccoli lombrichi di letame, lasciai trascinare dalla corrente senza piombare la lenza.
Trattenendo con dolcezza, come avevo imparato con i cavedani, seguivo il pezzetto di legno ballonzolare e vorticare veloce verso la fine della spianata quando un grande vortice a galla mi disse che l’insidia aveva funzionato. Povera Lerc da quattro metri e, soprattutto, povero filo vecchia generazione!
La tenni per un tempo che non saprei definire, cercai di dare filo, ma la frizione artritica del mio Karmann si rifiutava di obbedire… Con la canna piegata fino al manico, mentre cercavo disperatamente il modo per venirne a capo, uno schiocco secco mi riportò, ansante e sconsolato, alla realtà: se n’era andata, portandosi via, amo, filo e il mio sigaro di salice.
Ma una cosa l’avevo imparata: non è vero che le trote mangiano per forza sulle montature da fondo e, soprattutto, una lenza leggera va da sola dove le trote aspettano il cibo. La grossa fario non l’ho più rivista ma, nel registro delle esperienze, l’accaduto è stato accuratamente registrato.
Consiglio: Anche se la portata d’acqua, di solito, suggerisce di stare pesanti, non è escluso, soprattutto in certi periodi dell’anno o in momenti particolari del giorno, che possano rendere di più montature farmaceutiche o, come l’episodio che ho raccontato può testimoniare, un galleggiantino, sapientemente manovrato, a sondare i canali tra le erbe o i punti più irraggiungibili.
I canali artificiali
Realizzati per i più svariati motivi, hanno tutti una caratteristica in comune: sponde agevoli, larghezza omogenea, eventuali briglie o manufatti a intervalli regolari, acqua quasi sempre regimata a monte da chiuse o dighe.
Indipendentemente dalle caratteristiche strutturali, a volte hanno una notevole portata e ospitano trotacchioni massicci (venuti non si sa mai da dove né come), che trovano rifugi e tane eccellenti sotto le massicciate, le briglie o il cemento eroso delle sponde. Quando l’acqua sale e si vela, i bestioni si scatenano, per regalarvi filo da torcere e adrenalina a morire!
Consiglio: In condizioni di acqua alta e torbida, non lesinate con il piombo e il diametro del filo!
Le fiumare
Tipiche delle zone meridionali della penisola, soprattutto della Calabria e della Sicilia. Hanno corso breve e, come caratteristica principale, quella di subire variazioni estreme di portata, da quella impetuosa, a carattere torrentizio, del periodo invernale, alle secche pressoché totali, di quello estivo; il letto, ciottoloso, con massi anche grandi, in genere si presenta molto ampio.
Per quanto riguarda la pesca, ci daranno l’impressione di affrontare un torrente di montagna nel periodo primaverile ma ci lasceranno sconcertati e intristiti se le avvicineremo in estate. Ripopolamenti estemporanei, potranno, in periodo d’apertura, garantire catture e divertimento, ma sicuramente non ci permetteranno di soddisfare la nostra passione quando il sole comincerà a picchiare.
Consiglio: Per esperienza fatta, non conviene avventurarsi senza avere preliminarmente raccolto adeguate informazioni sulla situazione idrica e sugli eventuali ripopolamenti effettuati. In estate poi, lasciate perdere, meglio godersi le bellezze di un mare incantevole che, di solito, è a pochi minuti di macchina!
Le acque impossibili
- Questo è tutto scemo! - Pensai, un’apertura di trent’anni fa, vedendo un tale, armato fino ai denti, immergere con impegno la lenza in un rigagnolo largo non più di settanta centimetri, profondo una spanna, che scorreva lento lento in mezzo a un prato, parecchio distante dal corso d’acqua principale.
Colto da giovanile, irrefrenabile impulso, non seppi resistere all’istinto di prenderlo un po’ in giro e, avvicinatomi, con fare mellifluo, gli chiesi quante ne avesse già prese… - Ancora niente - rispose, - una “zoccola” sta qui dentro a mangiare ed è già la seconda volta che mi frega, ma sarà piccola… – Guardando dove indicava lui, vidi un tubo di cemento di circa due metri, che il proprietario del campo aveva messo di lungo, nell’acqua, a mo’ di ponticello. E allibii, quando vidi il lombrico che stava togliendo dall’amo, maciullato da un morso che, di tutto pareva, tranne che di una trotella. - Io me ne vado, se ci vuoi provare tu… - Concluse lo sconosciuto e si allontanò.
Appena lo vidi sparire, tolsi completamente la piombatura dalla lenza e lasciai scorrere dolcemente il lombrico nel buio del tubo… Un unico morso, secco, fermo, mi annunciò che la “piccola” aveva azzannato la mia esca. Lasciai mangiare a lungo e, quando ferrai, ebbi la certezza di non essermi sbagliato!
La fario era stupenda, pesante poco più di otto etti, con una mascella ricurva come quella di un salmone; da sola bastava a gratificare tutta la giornata dell’apertura. Eppure la cosa non era finita lì: innescato di nuovo, per non so quale ispirazione incosciente, lasciai andare un’altra volta la lenza nel tubo. Incredibile!
La scena si ripropose esattamente simile alla precedente, con l’unica differenza che la seconda trota era di taglia appena inferiore alla prima.
In un’altra occasione, avevamo realizzato un cappottone da record nell’Aterno Aquilano; tornando “carichi di meraviglie”, verso mezzogiorno, mi prese il raptus di tentare nel filo d’acqua che scorreva parallelo al viale della stazione.
Zio Ascenzo prese la cosa dal lato buono e non mi mandò al diavolo… tuttavia si riservò di restare a guardare, assecondando quella che sembrava solo una stranezza da matto. Il rivo aveva un’acqua limpidissima e delle caratteristiche invitanti, un vero fiume da…
Puffi, ma quella fario lunga e stretta che quasi saltò dall’acqua per afferrare l’esca, da dove era venuta? Mistero! Come furono un mistero, le altre tre splendide e coloratissime compagne che catturai, continuando a pescare.
Il fiumetto non so se esista ancora, ma l’emozione che ci regalò è rimasta, stampata indelebile, nella memoria. Morale della favola? Esistono acque che nessuno giurerebbe ospitare delle trote, dimenticate e trascurate da tutti, che, proprio perché tali, riservano delle sorprese incredibili.
Consiglio: Quando vi capita di incontrare una lama d’acqua, anche minuscola, apparentemente trascurabile, pur che abbia un minimo di corrente che fila, soprattutto in luoghi impervi o poco frequentati, perdeteci una mezz’ora. Potreste gioirne e ricordarvene per tutta la vita.
Le acque di foce
Perfino alla foce dei fiumi, si possono catturare dei salmonidi, meglio noti come “trote di mare”. Non si è mai ben compreso se si tratti di una specie a sé o, molto verosimilmente, se siano esemplari di semina, discesi al mare con le piene e adattati all’ambiente salino. Anche se negli ultimi anni la presenza delle trote di mare si è rarefatta, personalmente ne ho catturate tantissime, a primavera, proprio dove il fiume entra in mare, tra la corrente che si frange con le onde, e il salire della marea.
Sembrano in tutto delle fario, anche se con colorazione leggermente diversa. Lenza a filo di corrente, un piccolo galleggiante e una cannetta leggera, vi permetteranno di divertirvi con avversari belli e vivaci.
Consiglio: lasciate pure a casa le esche tradizionali, camole, lombrichi ecc. e innescate, se le trovate, sardine minuscole, piccole acciughe o, addirittura, i cefalotti; le trote di foce li predano abitualmente e sembrano preferirli. Un’ultima cosa: attenzione alle tracine! In foce si allamano regolarmente e, se decidete di trattenerle, usate uno straccio per proteggervi dalle dolorosissime punture. Altrimenti tagliate il filo e rilasciatele.