Qualche tempo fa, un giovane amico mi esponeva incertezze e perplessità di fronte al comportamento di trote immesse restie ad abboccare. Le domande, riproposte pari pari da altri giovani appassionati del settore, mi hanno convinto ad affrontare ufficialmente l’argomento.
Premesso che, come più volte ho avuto occasione di ripetere, le soluzioni magiche e definitive nella pesca non esistono, è possibile esporre un ventaglio (per quanto incompleto) di situazioni e comportamenti al quale far riferimento.
Diciamo subito che, con trote apatiche o svogliate, possiamo avere due situazioni ben distinte: quella in cui non vediamo il pesce e quella in cui riusciamo a scorgerlo. Si tratta chiaramente di situazioni diametralmente opposte, che richiedono approcci ben differenziati e circostanziati.
La prima situazione è molto frequente soprattutto nel periodo dell’apertura: acque alte, velate, di neve, temperature rigide, trote pronta pesca allevate con il biberon, poco da stare allegri, insomma! Inseguimenti dell’esca, guizzi repentini, acrobazie per ghermire il lombrico, sono cose di altre stagioni.
Anche, comunque, nella stagione avanzata, è possibile che, a causa di piogge improvvise, temporali violenti o quant’altro, si verifichino situazioni di acqua alta e torbida, magari con “piena” del torrente. In qualsiasi caso, visto che i pesci, come tutti gli esseri viventi, per campare devono pur mettere qualcosa sotto i denti, c’è qualche modo per venire a capo della situazione.
L’acqua è scura e i pesci non si sa dove siano posizionati: torniamo a casa? Neanche per sogno! Seguiamo queste regole basilari per cercare di indurre il branchiato invisibile a mangiare.
A) Se non sappiamo dove sia la trota, proviamo a pensare con la sua testa: la corrente spara, lei magari è appena uscita dalla tranquilla condizione di una vasca d’allevamento, sicuramente con acqua limpida e sponde note a memoria…, non vede un accidente, che fa?
Si lascia portare dalla corrente fin dove questa si smorza e si trasforma in un rigiro d’acqua più tranquillo. Là giunta, adegua vista e sensi alla nuova condizione e, se abbastanza rilassata, comincia a pensare anche al cibo:
- Cerchiamola dove la corrente rallenta, nei “lagoni” profondi, ma anche nelle piccole morte appena sotto riva; dietro ostacoli, anche modesti, che spezzino la foga dell’acqua, a ridosso di pietre affioranti o tronchi caduti. Evitate il vivo delle correnti e i raschi con acqua che tira a mille.
- Proponiamo, con gesto monotono, un lieve invito a scendere e poi a risalire la corrente lenta: spesso, con pesci apatici, paga più questa, che le manovre funamboliche. Potranno andar bene anche soste più o meno lunghe, con la montatura appoggiata sul fondo, e lente ascensioni verso la superficie, fino a portare l’amo ad aggallare.
- Le montature tradizionali vanno tutte bene, con una speciale attenzione a quelle con zavorra concentrata che permetteranno di sentire il fondo con più sicurezza. Un terminale piuttosto lungo asseconderà meglio il gioco dell’innesco e le mangiate svogliate. Nelle spianate più morbide o nei rigiri profondi, potrà avere buon gioco il galleggiante del nonno, fatto fluttuare secondo il capriccio del flusso idrico.
B) Per quanto riguarda le esche, difficilmente la trota immessa conoscerà quelle che gli somministrate voi, al massimo avrà visto qualche insetto atterrare sull’acqua della vasca dove è vissuta, per il resto…
Per questo non si fionderà sull’esca con foga, piuttosto, dopo aver esaminato bene la situazione, tenterà un assaggio perplesso. Avremo perciò molte abboccate tipo alborella, che faranno appena flettere il cimino.
C) Quando l’acqua è scura e il fiume alto, lasciate pure stare i lombrichi commerciali, per quanto belli siano. I “cobra”, trovati zappando nell’orto o raccolti dopo un temporale, fanno miracoli con la piena, soprattutto se lasciati a penzoloni ad avvitarsi nel torbido!
Utilissimo, anche se non si trova più in commercio, era un tempo il camolone color arancio (tebo) gonfio di umori profumati e micidiale in condizioni avverse. Anche, comunque, la banale camola del miele può dare soddisfazione, magari con gli esemplari più grossi innescati a trenino o, (udite udite!) a grappolo.
- Sulla tocca, qualsiasi esca usiate, non conviene mai avere smania di ferrare, sfilereste l’amo dalla bocca dell’amica che stava piluccando.
- Se proprio non è aria, smontate armi e bagagli e tornate quando tutto sarà rientrato nella normalità.
Trote Difficili in Acque Limpide
A proposito, invece, di pesci visibili in acqua sufficientemente limpida, ma poco propensi a ingoiare il boccone che proponiamo, una cosa da imparare subito è la reazione della trota di fronte all'esca presentata:
A) Di solito, la trota intenzionata prima o poi a mangiare, reagisce alla presentazione dell’esca con un fremito appena percettibile, accelerato e leggero, muovendosi di poco sul posto o al massimo con spostamenti di pochi centimetri e, anche se in un primo momento torna a fermarsi e non sembra avere molta intenzione, insistentemente stimolata, prima o poi è facile che si decida.
B) La trota che davanti all'esca scarta e si sposta di parecchio, cambiando posizione o giro d'acqua, addirittura lasciandosi portare dalla corrente, nel novanta per cento dei casi ci fa perdere solo un sacco di tempo.
C) La trota scura, quasi nera (segno di cattiva ossigenazione o comunque problemi) è spesso un pesce che, per ovvi motivi, non mangia.
D) La trota che si muove nervosa, sembra partire all'attacco ma rientra subito sul posto, prima o poi si avventa sull'esca. Magari basta cambiarla o variarne le dimensioni.
E) La trota che ostinatamente rimane attaccata al fondo e pare non interessarsi più di tanto al nostro amo, spesso mangia nel momento in cui appare un'altro pesce, per concorrenza alimentare. Tanto vale insistere appena un’altra trota si avvicina a quella che vedevamo.
F) La trota che appena vede l'esca si fionda....beh, quella la prende anche mia suocera!
La presentazione dell'esca su trote a vista, varia, di volta in volta. A volte si muovono trote apatiche con un tronchetto di verme, o un vermone di 12 cm, un frammento di vermone sulla paletta dell'amo e una camoletta sotto, o un banalissimo caimano nero.
A volte funziona l'innesco alla "cafone" (cioè che non gira) , diventando più utile di un innesco perfetto, soprattutto se in tanti hanno "sfottuto" un pesce già reso diffidente da una ferrata a vuoto o, peggio, da una puntura precedente, con esca in rotazione. La certezza non ce la da' nessuno. Bisogna provare, riprovare e memorizzare le esperienze.
Il consiglio è questo: non lasciarsi prendere dalla pigrizia, tentare in modi e in forme ogni volta diversi. Solo così impareremo a risolvere la maggior parte delle situazioni. Va da sé che, nel portaesche, è opportuno avere un assortimento di inneschi diversi, per forma, colore e dimensione.
La pesca è scienza esatta fino a un certo punto e bisogna fare sempre i conti con l'imprevedibilità di un avversario, la trota, che non ama il pescatore pigro, nè quello a senso unico. La versatilità, in questa, ma direi in tutte le pesche, è l'arma migliore!