La prima cosa che salta all’occhio osservando la scogliera del porto è che questa è posizionata in maniera orizzontale, ovvero parallela all’asse della costa. Questo orientamento, talvolta funge da arma a doppio taglio portando non sempre dei vantaggi in pesca.
Indubbiamente, essendo completamente esposta verso il mare aperto, ci permette di avere grandi spazi dove esercitare la pesca sotto scoglio, inoltre, in virtù della sua notevole lunghezza, consente di ospitare un grande numero di pescatori.
Da segnalare poi che, essendo localizzata in ambito portuale, la pesca professionale con le reti è interdetta, e questo fatto, già di per sé, offre maggiori possibilità di cattura visto che il pesce è conseguentemente più presente in termini di quantità. Spesso, infatti, il pesce tende a ripararsi proprio all’interno del porto, dove vi sono molte zone interdette a qualsiasi tipo di pesca, per poi spostarsi, in determinati frangenti, all’esterno di esso, proprio in prossimità della scogliera frangiflutti.
L’ambiente in questione, come tutte le scogliere del resto, offre il meglio di sé in condizioni di mare mosso, sono tollerabili, generalmente, altezze d’onda fino ad 80-90 cm, massimo un metro, oltre tale limite il frangente generato dall’onda crea una risacca ed una corrente troppo intensa che non consente di poter pescare efficacemente. Con altezze d’onda uguali o inferiori a quelle citate si prospettano due tipologie di approcci, possiamo avere la pesca nella risacca sotto scoglio, oppure quella sulle uscite di corrente.
Nel primo caso pescheremo nell’immediato sotto riva, dove fondamentale sarà individuare il giro di corrente giusto che permetta alla lenza ed alla pastura di girovagare in circolo, sempre nel medesimo punto.
L’alternativa, invece, è quella di pescare in prossimità di una uscita di corrente, lungo tutto l’asse della scogliera, infatti, si formano diverse uscite, le quali escono dritte verso il mare aperto, per poi tendere a dissolversi a circa venticinque, trenta metri di distanza dalla scogliera stessa. Tali circostanze possono risultare assai produttive in termini di catture, a patto di essere ben interpretate.
Sul fondo o a galla?
Ciò influenza pesantemente anche le modalità di pasturazione, nonché la scelta delle varie tipologie di lenze possibili e molto dipenderà anche dalla profondità del fondale che ci troveremo ad affrontare.
Innanzitutto precisiamo che, anche stavolta, pescheremo con l’universale bigattino, pertanto l’efficacia della pasturazione risulta essere il fattore determinante che influenzerà la tipologia di pesca da scegliere. E’ impensabile, infatti, credere di poter pescare nei pressi del fondo su fondali superiori ai tre, quattro metri, pasturando con larve sfuse.
Ritengo che tale intervallo sia il limite massimo di affondabilità di quest’ultimi, anche se l’ottimale si aggira su due metri, due metri e mezzo. Su fondali di questo genere sarà possibile pescare efficacemente sia a galla che sul fondo, mentre su fondali più elevati, oltre i quattro metri, la pesca utilizzando larve sfuse come pastura sarà efficace solo a galla in quanto i bigattini, visto il loro scarso peso specifico, non riuscirebbero a vincere la forza delle correnti che si generano, oltre che in superficie, alle diverse profondità, rimanendo così sospesi negli strati più superficiali.
Qualora dovessimo pescare sul fondo oltre la famigerata soglia dei quattro metri, dovremmo utilizzare altri stratagemmi come l’impiego di pasturatori o l’incollaggio di bigattini con colla e ghiaia. Per il momento, però, ci limiteremo ad analizzare il giusto approccio inerente uscite di corrente su fondali non oltre i quattro metri. E' qui viene il bello!
Che lenza impiegare?
Anche in questo caso diversi sono i dubbi che ci assalgono poiché dobbiamo capire dove e come sfruttare l’uscita di corrente lungo tutta la sua estensione. La prima opzione, la più semplice, è quella di pescare con una pallina piombata e tre pallini schiacciati in lenza in maniera equidistante l’uno dall’altro, in modo tale da poter effettuare un pesca in trattenuta sotto scoglio alternata a brevi rilasci. In questo modo eviteremo di rimanere impigliati tra gli scogli sommersi, ed insidieremo principalmente spigole, saraghi salpe e cefali.
Se il nostro obiettivo è la spigola, questa è la tipologia di pesca che più gli si addice, essa infatti, si aggira sotto scoglio per tendere agguati a piccoli cefali e gamberetti sfruttando l’effetto sorpresa generato dagli ostacoli sommersi, ma anche la schiuma stessa della risacca confonde la sua sagoma agli occhi delle malcapitate prede.
Talvolta, dopo una costante pasturazione, può succedere che questo predatore si sposti, seguendo la pastura, anche a diversi metri di distanza dagli scogli, pertanto ogni tanto meglio lasciar andare libero il galleggiante con l’archetto aperto, a diversi metri da noi sulla scia di corrente.
Diverse volte questo stratagemma è vincente, non importa quanto fondo c’è a venti, venticinque metri da noi, tanto i bigattini lanciati come pastura rimarranno negli strati superficiali senza riuscire ad affondare sospinti dalla forza della corrente in uscita, quindi avere circa due, tre metri di distanza tra amo e galleggiante sarà più che sufficiente per confondere l’amo innescato in mezzo alle larve usate come pastura.
Come seconda opzione, potremo impiegare un classico galleggiante a pera rovesciata sotto al quale realizzeremo una spallinata più o meno aperta, a seconda delle condizioni di mare presenti. In tal caso andremo a sondare il fondo sia appena fuori dagli scogli che ad una ventina di metri da noi, in modo tale da essere sicuri, una volta terminata questa operazione, di poter pescare sempre in prossimità del fondo su tutta l’estensione dell’uscita di corrente.
Questa lenza risulta efficace quando è necessario pescare principalmente a lunga distanza, sul finire dell’uscita dove la corrente dissipa la sua energia e, finalmente, i bigattini cominciano la loro lenta discesa verso il fondale. E’ proprio là che la pastura si concentra progressivamente col progredire della sessione di pesca, per questo motivo sarà necessario pescare sul fondo a lunga distanza.
Visto che il punto topico dove tenere la lenza si troverà generalmente ad una trentina di metri da noi, meglio impiegare un galleggiante di quattro grammi con un’asta sufficientemente lunga e ben visibile in modo tale da non doversi stancare troppo per scorgere il nostro segnalatore. In questo modo però, pescando sul fondo fin da subito, saremo in pesca solo sul finire dell’uscita, mentre non lo saremo nei primi dieci, venti metri dagli scogli dove la pastura sarà più in superficie, mentre noi pescheremo in prossimità del fondo.
Quindi come ovviare a questo problema? La soluzione migliore è quella di trovare una “ lenza compromesso”, che ci permetta di sostare negli strati superficiali nella prima parte dell’uscita, per poi raggiungere progressivamente il fondo alla fine di questa, dove la corrente si dissipa.
Per fare questo utilizzeremo un galleggiante ibrido tra un inglese ed uno a pera rovesciata, la lenza sarà realizzata con una piombatura posizionata a “ bottone di camicia”, ovvero tutta con pallini equidistanti l’uno dall’altro di circa cinquanta centimetri. Generalmente impiegheremo tutti pallini del numero nove.
La lenza pertanto sarà composta da un amo del numero 12-14, finale di un metro in fluorocarbon dello 0.15-0.16mm, mentre sopra il nodo di giunzione tra lenza madre e terminale schiacceremo i pallini come anzi detto ed il loro numero varierà a seconda del fondale che ci troveremo davanti, generalmente impiegheremo quattro, cinque pallini. Fondamentale sarà l’operazione di misurazione del fondo per capire quant’è la profondità dove termina l’uscita.
Con questa tipologia di lenza costituita da pallini equidistanti, ed effettuando una leggera trattenuta, sarà possibile pescare negli strati più superficiali proprio in mezzo alla pastura nella prima parte dell’uscita, quando invece arriveremo in prossimità della sua fine, dove la corrente perde forza, non effettueremo più la leggera trattenuta, lasciando libera la lenza in modo da poter permettere ad essa di guadagnare progressivamente il fondo così come faranno i bigattini lanciati come pastura.
In questo modo saremo sempre sulla pastura e sempre correttamente in pesca, massimizzando così le possibilità di cattura. Generalmente sul finire delle uscite, dove il moto ondoso è minore, prediligono stazionare le orate, talvolta presenti in branchi, permettendoci così di poter effettuare anche catture multiple. La pasturazione dovrà avvenire sempre sotto scoglio e mai a fionda, sarà la corrente stessa dell’uscita a fare tutto il resto ed a portare le larve a debita distanza.
Questi sono i principi base su come affrontare le uscite di corrente all’esterno di porti e scogliere, l’esperienza e la caparbietà del pescatore faranno il resto, non ci resta quindi che insistere e mettere in pratica quello che abbiamo imparato ed impareremo, pescata dopo pescata, e allora la prossima volta che muove il mare tutti al porto, ma all’esterno però!