Desidero esporre brevemente gli elementi cardine che ritengo essere l’essenza di una “pesca vera” e allo stesso tempo sostenibile.
Ritengo che la pesca sia innanzitutto una simbiosi del pescatore, non solo con la preda ma con tutta la natura circostante. Per questo il primo fondamentale pilastro è il rispetto. E rispetto vuol dire innanzitutto non gettare le scatole vuote delle larve sulle sponde dei nostri splendidi torrenti.
Rispetto vuol dire non lasciare mozziconi di sigaretta sul sentiero che ci porta ad un cristallino e incontaminato laghetto alpino. Rispetto significa slamare con attenzione e con cura una trota fuori misura ma rispetto, a nostro avviso, vuole anche dire uccidere rapidamente e con dei colpi ben assestati una preda che ci ha concesso il privilegio di essere da noi allamata e di lottare con noi ma che non è stata così brava o fortunata da slamarsi o da rompere il terminale.
“Preda” è un vocabolo che deriva dal latino “præda” (composto di præ “davanti” e da “cibo”) ovvero “cibo che ci sta davanti”. Pertanto una vera e propria preda non dovrebbe essere rilasciata ma uccisa per onorarla tramutandola nel nostro cibo o, se non ci piace il pesce, in un gradito dono a chi lo apprezza.
Il secondo pilastro è la tradizione. La pesca vera ha un gusto particolare, qualcosa che a noi rievoca i tempi passati, il sapore delle cose autentiche, nostrane e genuine. La pesca, quella vera, è quella che ci viene raccontata da coloro che hanno sulle spalle anni e anni di licenza e non è la pesca no-kill o la catch&release.
La pesca vera è un’arte carica di emozioni, attese e passioni e la preda è la protagonista al centro di questa cornice di azioni e sensazioni autentiche come i rituali prima dell’inizio della giornata oppure la chiusura della battuta ravvivata da un brindisi in amicizia.
La tradizione deve essere quindi tramandata e mantenuta viva ma senza integralismi; il progresso sta sfornando continue innovazioni e ammodernamenti anche in questo settore e sarebbe un grosso errore rimanere al palo.
Per questo non devono a nostro avviso essere demonizzate le attività di pesca agonistica, grazie alle quali i nostri garisti perfezionano la tecnica e i materiali, innovando e permettendoci di dare vita alla nostra passione con canne più lunghe e più leggere, con fili più fini e resistenti ma sempre consci del nostro ruolo di attore non protagonista nel rispetto della trota e della natura.
Il terzo e ultimo pilastro per una pesca davvero sostenibile è l’impegno. L’impegno di tutti noi pescatori a mantenere l’ambiente come ci è stato dato da madre natura per permettere di perpetuare questa autentica passione anche alle generazioni future. Un impegno che si traduce concretamente nell’aiuto attivo durante le semine di novellame, raggiungendo anche i posti più lontani e inaccessibili.
Impegno significa collaborare con l’Ups per le attività di censimento. Impegno vuol dire anche vigilare sulla gestione delle acque da parte delle società idroelettriche e sull’esercizio degli scarichi idrici delle industrie del fondovalle.
Rispettiamo la pesca no-kill ma rivendichiamo anche il ruolo primario della pesca tradizionale, vera e sostenibile. Rispetto, tradizione e impegno per una pesca davvero sostenibile.