Con la primavera e le sue piogge il livello e la portata dei fiumi aumentano. Meglio affrontare queste acque con l'aiuto dei galleggianti piatti che assicurano stabilità e tenuta.
Ormai da diversi anni, la pesca con i galleggianti piatti rappresenta un classico della pesca alla passata nei momenti e nei luoghi nei quali la forza della corrente, magari abbinata alla notevole profondità impedisce di poter pescare con i galleggianti classici.
La diffusione di questa particolare classe di segnalatori ha permesso la frequenza assidua di moltissime acque un tempo evitate dai pescatori per le enormi difficoltà da affrontare.
Un galleggiante classico, quando la corrente è davvero forte, è veramente difficile da gestire. La forma rotondeggiante del corpo offre una forte presa all'acqua e, conseguentemente, il suo trascinamento a valle e la trattenuta, spesso, non si riesce a fare completamente proprio a causa della forte pressione a cui è sottoposto il corpo.
Se poi la profondità è notevole, magari superiore ai quattro metri, anche con un galleggiante di grossa portata (10-15 grammi) si può avere l'entrata in pesca ben a valle del pescatore, tanto che lo spazio utile di passata può ridursi a pochissimi metri.
Pescando con la canna bolognese, questo problema si può risolvere allungando la passata, ma non sempre è possibile far scorrere il galleggiante molto a valle, magari per la presenza di altri pescatori nelle vicinanze che non è giusto che debbano essere disturbati nella loro azione dal passaggio della nostra lenza.
C'è poi un problema tecnico di non poco conto e cioè che molte specie di pesci di fondo si fermano esattamente sulla pastura gettata in acqua o, al massimo si trovano a non più di un paio di metri a valle di questa posizione. Questo obbliga il pescatore a far sì che l'esca stia il più possibile entro l'area d'azione della pastura, evitando di sconfinare in altre nelle quali la probabilità di vedere una mangiata è molto lontana o quasi nulla.
Per far scorrere lentamente la lenza nella zona "buona" o per farvela stare addirittura ferma, si può procedere in diversi modi. Uno è quello di montare un galleggiante classico con una portata tale da superare la forza della corrente appoggiando tutto o quasi tutto il piombo sul fondo.
Ad esempio, se tira una corrente ideale per un galleggiante della portata di 10 grammi, ma che non sta fermo sulla pastura, si può raddoppiare la grammatura e si può stare quasi certi che il galleggiante si sposterà lentamente o sarà possibile tenerlo in posizione trattenendo, ma qui entra in gioco un altro fatto.
Il pesce, infatti, non è che sia troppo amico del piombo e se percepisce la grande inerzia di una lenza ancorata al fondo da un pallettone di misura esagerata, sicuramente non cascherà nella trappola.
Tuttavia, se veramente vogliamo che la nostra lenza lavori in modo corretto non c'è che una soluzione e cioè l'impiego del galleggiante piatto. Solo così permetteremo alla lenza di fare quello che vogliamo noi e non quello che vuole la corrente.
L'idea del galleggiante piatto non è recentissima e fece capolino forse più di una trentina di anni fa, quando si pescava quasi esclusivamente con la canna fissa e con la bolognese. Si trattava di una galleggiante che non era altro che un triangolo rettangolo in legno di balsa con una corta deriva metallica e un'antenna messi ai vertici in modo parallelo all'ipotenusa.
Il principio era stato intuito, ma il problema era che, avendo un lungo tratto di lenza tra il vettino e il galleggiante, la trattenuta era estremamente difficile e la lenza se ne andava un po' per conto suo vanificando la sua prerogativa più importante. Per questo, fu presto abbandonato, fino a che non è arrivata l'era della roubaisienne che ha quasi travolto tutto e tutti imponendosi come la tecnica per eccellenza lasciando le briciole agli altri.
Ovviamente, l'industria della pesca si è buttata a capofitto anche in questo settore e, dopo i primi modelli di galleggiante piatto, per lo più a disco, ne sono nati tanti altri con soluzioni tecniche innovative, vuoi per migliorare la stabilità in pesca, oppure per eliminare le vibrazioni dovute allo "sbandieramento" causato dalla corrente, ma anche per rendere il galleggiante sensibile.
In questi ultimi anni la diversificazione dei modelli, con specializzazione notevole a secondo del tipo di pesca si intenda fare, è stata notevole, fino a spingersi verso le creazione delle così dette "piastre", un particolare tipo di galleggiante piatto di cui parleremo in un'altra occasione perchè ha caratteristiche ancora più specifiche dei classici "piatti".
La forma classica
La classica forma del galleggiante piatto è a disco, un semplice cerchio ricavato da materiale sintetico, oppure in legno di balsa. A questo disco devono essere applicati gli accessori che servono a farlo diventare un galleggiante vero e proprio, quindi, devono essere applicati l'antenna, la deriva inferiore e il sistema superiore di applicazione del filo, cioè quello che nei galleggianti classici non è altro che l'anellino.
Guardando un galleggiante piatto, non possiamo non notare che, a differenza di un modello classico, antenna e deriva inferiore non stanno sullo stesso asse. Ciò è dovuto al fatto che questo modello, pur avendo un profilo sottile e, quindi, sfuggendo per buona parte alla forza della corrente, da questa riceve comunque una spinta notevole che, combinandosi con la forte trattenuta a cui è sottoposto, provocano una rotazione che porta il corpo del galleggiante ad inclinarsi fortemente verso la direzione di arrivo della corrente.
Se l'antenna fosse coassiale alla deriva, con il galleggiante in pesca, essa si inclinerebbe eccessivamente rispetto alla superficie dell'acqua risultando scarsamente visibile.
Un trucco geniale
Il galleggiante piatto, essendo sottoposto ad una forte trazione durante la trattenuta, tende a sollevarsi ed il corpo può sporgere dalla superficie dell'acqua diventando del tutto impossibile riuscire a scorgere le mangiate del pesce.
Questo grave inconveniente è stato risolto in modo molto brillante dai produttori di galleggianti innalzando il punto di bloccaggio del filo al di sopra del bordo superiore del corpo a disco, ma non è sufficiente a superare il problema se non interviene anche il pescatore che deve piombare il galleggiante con una quantità di zavorra leggermente superiore alla reale portata.
In pratica, si deve piombare il galleggiante in modo tale che, quando non è trattenuto, tenda appena ad affondare. La combinazione di queste due strategie permette di equilibrare perfettamente il galleggiante e di non avere alcun problema durante l'azione di pesca.
I nuovi modelli
Dopo i modelli a disco, ne sono nati altri da essi derivati. Il principale accorgimento che è stato adottato è stato quello di tagliare la parte anteriore del disco secondo la congiungente tra la base dell'antenna e la base della deriva ottenendo una sorta di "prua", come quella di una nave, che taglia l'acqua.
In questo modo è stato risolto uno dei più grossi problemi di questi galleggianti costituito dalle vibrazioni dovute allo "sbandieramento" che si ha quando la corrente è molto veloce. Ed è proprio per questo tipo di acqua che sono nati questi modelli.
Anche piccolissimi
L'uso di questo galleggianti non è riservato solo alle forti correnti e alle grandi portate di piombo. I pescatori, infatti, si sono accorti presto che il principio del galleggiante che non sente la corrente poteva essere applicato anche alle acque lente dove la lenza deve comunque stare ferma.
Ne sono nati dei modelli piccolissimi e con portata quasi irrisoria, a partire da 0,10 g, che risultano utilissimi in molte occasioni come, ad esempio, nei canali a corrente medio-lenta, oppure nei fiumi con fondale basso e corrente sensibile, ma non esagerata.
I principi tecnici di questi mini-dischi sono esattamente gli stessi dei modelli di grande portata, ma cambia notevolmente il tipo di lenza da applicare.
Solo con la roubaisienne
Questo tipo di galleggiante, che ha bisogno di una costante opera di trattenuta e di controllo può essere usato in modo adeguato solo con la canna roubaisienne.
La breve distanza (tra 50 cm e 1 m) che intercorre tra la punta del vettino e il galleggiante fa sì che esso si trovi costantemente a valle della punta stessa sotto un controllo estremo. In caso di forti correnti, è necessario che il vettino sia immerso per qualche centimetro in acqua.
La profondità giusta a cui tenerlo dipende dalla forza della corrente e dalla tendenza del corpo del galleggiante ad uscire dall'acqua. Più la corrente è forte, più bisogna immergere il vettino, anche se, di solito non si va oltre la trentina di centimetri.
La lenza per le correnti forti
Un galleggiante che deve stare il più fermo possibile o, comunque, muoversi lentamente sotto la spinta della corrente deve essere tarato con una piombatura molto concentrata e semplice.
Per avere la massima efficacia, più il filo tra galleggiante e primo piombo è teso e meglio è. Per questo motivo, la taratura quasi completa del galleggiante deve essere fatta con un pallettone completandola con tre o quattro pallini sotto fino ad una leggera "sovrapiombatura".
Sotto l'ultimo pallino si lega il finale che, di solito, non dovrebbe superare i 30-35 cm. Finale e parte della piombatura a pallini deve essere appoggiata al fondo durante l'azione di pesca.
Perché il pallettone?
Dopo la scoperta di questa tecnica, si è molto discusso tra i pescatori se il piombo migliore per la realizzazione della lenza sia la vecchia torpille o olivetta che dir si voglia, il blocchetto di pallini o la sfera di piombo o pallettone.
Diciamo subito che in un'acqua moderatamente corrente la differenza tra le tre soluzioni è minima, anche se la lenza con il blocchetto di pallini sente di più la spinta della corrente e, conseguentemente, tende a muoversi. In un'acqua corrente, anche la torpille subisce la corrente e non si comporta in modo perfetto.
Con il pallettone, su cui la corrente ha una scarsa presa, in ogni caso si hanno le condizioni ideali di pesca, a patto che si sia scelto il peso giusto in relazione alla corrente.
La lenza per i piccoli galleggianti
In un'acqua che si muove lenta, montando dei piccoli galleggianti piatti al di sotto del grammo, l'impiego di pallettoni, torpille o altre concentrazioni di piombo è del tutto da scartare.
Quando si monta un galleggiante piatto in queste condizioni, vuol dire che la pesca è difficile, dunque, la piombatura va frazionata il più possibile.
La soluzione migliore, in questi casi, consiste nel realizzare una coroncina di pallini con distanza a decrescere dal basso verso l'alto.
La piombatura può essere realizzata con pallini tutti uguali con le portate più basse (0,1-0,5 g), oppure aumentando di una misura il piombo ogni due pallini, sempre andando verso il basso.
L'azione di pesca
Con i galleggianti piatti si può agire in completa trattenuta e lenza ferma, oppure facendo compiere al galleggiante una lenta progressione sotto attento controllo da parte del vettino della canna.
Un altro modo interessante di pescare è quello di alternare brevi stop alla lenza ad altrettanto brevi progressioni. In questo modo si riesce ad esplorare tutta l'area pasturata individuando i punti in cui il pesce si è radunato più numeroso.
Dovendo operare con una canna roubaisienne, l'azione di pesca può risultare anche un pochino faticosa dal momento che non deve essere mai perso il controllo della lenza e quindi è necessario un po' di allenamento.