Analizziamo tutte quelle situazioni che un minimo di corrente la presentano, corrente da lenta a moderata, ma pur sempre corrente.
In questo contesto troviamo i canali di bonifica, i piccoli fiumi, i canali artificiali (navigli), i diversivi e tutti quegli spot che per dimensioni, profondità e corrente sono l’anello di congiunzione ideale fra le cave, i laghi e i grandi fiumi del piano, anche se la parte iniziale dei grandi fiumi possono essere annoverate nella categoria, basti pensare al tratto di Tevere che scorre ad Umbertide nel tratto adibito a campo di gara permanente.
Elencare in modo esaustivo i pesci con i quali possiamo confrontarci diventa arduo, fra una piccola breme di un canale di bonifica al grosso barbo di un fiume pedemontano in mezzo nuota un po’ di tutto.
Approccio e attrezzatura vanno quindi scelti non in base alla presa insidiata o meglio non solo, ma in base al tipo di approccio e alle caratteristiche dello spot affrontato.
Proprio la corrente diventa la discriminante principale laddove possiamo trovarci a giostrare esche e montature in un fiume che può presentarsi con acqua quasi ferma fino a situazioni post piena con acqua che corre e ribolle e dove solo la relativa scarsa profondità diversificano le scelte rispetto ai grandi fiumi del piano.
Sono gli ambienti dove proprio la corrente diventa il nostro principale alleato, nel momento in cui veicola il contenuto del feeder verso valle, ma anche il nostro più acerrimo avversario se commettiamo uno degli errori che possono inficiare lo scopo principale della tattica di pesca, ovvero tenere l’esca dentro il grosso del cono di pasturazione il più a lungo possibile.
Ho usato la parola feeder perché il più classico dei contenitori zavorrati tipici di questa tecnica diventa indispensabile nella costruzione di una montatura performante, sempre che venga scelto nelle forme e nei modelli più adatti a portare sul fondo prima e a disperdere poi quello che abbiamo scelto come fonte di richiamo.
Per avere qualche possibilità di successo dobbiamo quindi valutare diversi fattori che vanno perfettamente incrociati ed equilibrati per pescare con costrutto: il tipo di corrente, la profondità, l’esca, la pastura e ultimi e non ultimi i pesci insidiati.
Per proseguire con gli esempi insidiare le breme del Canal Bianco di Adria non è come fare la stessa cosa con i cavedani del Naviglio Pavese. Indicativamente parliamo di ambienti che necessitano, per una corretta azione di pesca, di zavorre che vanno dai 20 g ai 60 grammi, di canne la cui lunghezza varia dai 12’ ai 13’, e di mulinelli che vanno dalla taglia 4000 alla 5000.
La canna, in particolare, deve avere una vetta in grado di segnalare tocche secche e rapidissime, ma una schiena in grado di lanciare un feeder da 50 grammi e una potenza per poter giostrare in relativa tranquillità con pesci XXL.
Mi ripeto, dare indicazioni precise per affrontare ambienti che in Italia presentano caratteristiche diametralmente opposte diventa impresa ardua, ma se cerchiamo una canna con queste caratteristiche possiamo “sfangarla” nel 90% delle situazioni in cui affrontiamo ambienti come quelli qui descritti.
Tornando al discorso “equilibrio” sopra citato lo stesso è la risultanza fra il peso del feeder e la lunghezza del terminale il tutto rapportato alla forza della corrente. Sempre a livello puramente indicativo una buona regola è quella di preparare un terminale lungo circa quanto il peso del feeder che andiamo a montare più la metà, quindi se ipoteticamente prepariamo una montatura con un feeder da 40 grammi preparare, almeno inizialmente, un terminale di circa 60 cm è una buona regola.
Poi possono incidere altri fattori quali la limpidezza dell’acqua, i pesci insidiati e il tipo di caricamento del feeder. Mi spiego: se vado a cavedani e carico il feeder con soli bigattini devo calcolare, osservando la corrente, una lunghezza che faccia stazionare l’amo dentro il grosso delle larve in rotolamento verso valle prima che si disperdano in un raggio troppo ampio, dove perdono gran parte dell’efficacia attrattiva.
Se carico lo stesso feeder con una pastura molto collosa ricca di micro pellet ed innesco gli stessi pellet ecco che, a fronte di una fonte di richiamo più pesante che si disperde più lentamente anche il terminale dovrà essere pensato di conseguenza per tenere l’esca dove diventa più efficace, cioè nel cono di pasturazione. In ogni caso partiamo sempre dall’assunto che ad accorciare si fa sempre in tempo, per allungare bisogna rifare il tutto.
A titolo esemplificativo posso citare un piccolo fiume veneto nel tratto subito a monte dello sbocco marino dove la marea incide pesantemente sulla forza della corrente. In questo spot molto particolare sono solito preparare preventivamente una decina di terminali di lunghezza diversa proprio per adattarmi velocemente al variare della corrente, basta un attacco a sgancio rapido e terminali con un’asola per cambiare l’assetto.
Provate a pensare la cosa come a un GP di formula 1 dove le condizioni atmosferiche cambiano in continuazione, se non cambiamo il treno di gomme rischiamo di girare a vuoto per gran parte del GP concedendo ai pesci un vantaggio che alla fine diventa incolmabile. Tutto questo senza dimenticare la necessità di avere un basso lenza molto sensibile che non metta in allarme il pesce.
In questo senso la montatura proposta nella sequenza fotografica risulta produttiva e performante in molte situazioni, montatura con la quale il pesce non sente il peso del pasturatore in fase di abboccata e dove anche la necessaria azione di invito non sposta lo stesso pasturatore creando disturbo sul fondale.
Paternoster running rig
Materiale occorrente: un bracciolo semirigido munito di perlina e moschettone, una perlina di battuta, un attacco rapido (o girella).
Esecuzione: inserire sulla lenza madre il bracciolo semirigido e la perlina di battuta.
Collegare l’attacco rapido.
Collegare il terminale all’attacco rapido (quick change bead) e il feeder al moschettone.
La montatura trova collocazione ideale in acqua da lenta a moderatamente corrente, è sufficiente solo settare la lunghezza del bracciolo di collegamento del feeder, più la corrente “tira” più il bracciolo deve essere corto.
Nella sequenza fotografica ho usato un bracciolo preconfezionato, prepararne da soli è molto semplice, basta utilizzare del trecciato ricoperto da carp fishing, che possiamo brillare per ottenere un effetto più rigido, e collegare allo stesso un moschettone e la perlina di scorrimento.
Per accentuare l’effetto antitangle possiamo brillare parte del terminale prima di collegarlo alla quick change bead, che a sua volta può essere sostituito da una semplice girella se abbiamo la necessità di scaricare le torsioni del nylon in fase di recupero.
Con il feeder collegato al bracciolo scorrevole il pesce non sente il peso della zavorra in fase di abboccata e, effettuando l’invito sull’esca, il feeder non si muove.
Per esigenze fotografiche il terminale che vedete è molto corto, ovviamente nella pesca reale deve essere settato sull’esigenze del momento.
Per lavorare in modo efficace l’eventuale brillatura del terminale deve essere lunga almeno quanto il bracciolo che utilizziamo. Nel caso optiamo per la girella è sufficiente inserire sul terminale un lungo conetto di silicone a irrigidire il tutto.