Arrivati nel bel mezzo dell'inverno, se siamo amanti della pesca in carpodromo, dobbiamo assolutamente prestare la massima attenzione ad alcuni particolari che, proprio nella stagione piscatoria più difficile dell'anno, possono fare la differenza.
Il freddo ed il fondo
Tra tutti i dubbi che possono passare nella mente di un pescatore che si presti ad immergere la lenza in un carpodromo durante l'inverno, non può certo trovare spazio quello della misurazione del fondo e della conseguente scelta di far lavorare l'amo a stretto contatto con il terreno.
Sappiamo ormai tutti che le carpe, quando la temperatura atmosferica si avvicina allo zero, diventano poco attive. Tutto ciò le spinge a nutrirsi con minore avidità rispetto ai periodi dell'anno più miti e a farlo preferibilmente negli strati d'acqua più profondi.
Tutto ciò avviene tramite movimenti lenti e poco aggressivi, che permettano ai ciprinidi di risparmiare il consumo energetico. Ecco, allora, che eventuali idee d'insidiare carpe a galla o a mezz'acqua, non offrono buoni risultati, spingendo i pescatori a lavorare con lenze che mantengano l'esca quanto più a contatto possibile con il terreno.
L'inverno in Italia
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad inverni decisamente più miti rispetto al passato, durante i quali trovano sempre e comunque spazio giornate freddissime, contraddistinte da pioggia, neve e forte vento, ma anche numerose giornate quasi primaverili. Sono proprio queste ultime quelle contraddistinte da escursioni termiche elevate che offrono prime mattinate molto fredde ma, pian piano che il sole sale, soprattutto nelle ore centrali fino ad arrivare al tramonto, esprimono temperature superiori ai quindici-diciotto gradi, per poi calare nuovamente a picco appena il sole sparisce. In tutto questo “marasma” di temperature instabili, le carpe possono variare, seppur leggermente, l'approccio con il cibo ed il modo di nutrirsi.
Tutto questo vale per il genere di esche utilizzate, ma ancor di più per la profondità esatta alla quale i pesci decidono d'ingoiare il cibo. Con ciò non vogliamo assolutamente sostenere che i pinnuti, alle prime ore di caldo, possano variare completamente le proprie abitudini, anche perché bisogna sempre tenere a mente che la temperatura dell'acqua non varia rapidamente da un'ora all'altra, bensì ci vogliono alcuni giorni di caldo costante per far sì che una massa liquida si riscaldi a dovere.
Nonostante tutto, nelle ore centrali della giornata, se il sole fa il suo dovere, le carpe possono percepire una piccola variazione climatica ed incrementare la propria attività motoria ed alimentare.
Perché staccarsi da terra?
Avendo sostenuto con convinzione che durante l'inverno le carpe mangiano poco, lentamente e preferibilmente esche appoggiate a terra, perché dovremmo presentare loro un boccone staccato dal suolo, anche se appena di qualche centimetro?
La risposta è semplice e dettata dal senso dell'acqua e dalle conoscenze tecniche di un buon pescatore. Abbiamo spiegato nel precedente paragrafo che, in quelle giornate invernali meno rigide, sempre più frequenti negli inverni degli ultimi anni, è facile disporre di alcune ore calde e molto soleggiate durante le quali i pesci dimoranti nei carpodromi aumentano la propria mobilità e ricerca di cibo.
Se a questo aggiungiamo la loro conoscenza nei confronti della pasturazione effettuata costantemente dai numerosi pescatori che frequentano l'impianto sportivo in questione ed anche l'abitudine di quest'ultimi a gettare cibo in piccole quantità, ma con grande costanza, è facile intuire che le nostre prede saranno sempre tentate a spingersi incontro alla fonte alimentare proposta.
Dopo alcune ore di pesca, passate a fiondare continuamente bigattini, mais, canapa, o caster sulla testa delle carpe, appena la temperatura atmosferica si addolcisce e la concentrazione dei pesci intorno all'amo aumenta, sarà facile che la loro competizione li spinga ad alzare la testa per accaparrarsi il cibo prima degli altri simili.
A quattro dita dal suolo
Fare in modo che l'amo lavori staccato dal terreno di pochi centimetri permette al pescatore di sfruttare la stessa identica lenza nata per la pesca sul fondo classica, senza dover variare nulla sulla montatura.
Allo stesso tempo, così facendo, si otterranno mangiate più decise e franche, evitando di agganciare alcuni pesci fuori dall'apparato boccale, inconveniente ordinario quando si pesca ben appoggiati al suolo.
Oltre a tutti questi vantaggi vogliamo far notare che le carpe più grosse e pesanti sono le prime a rivolgere la bocca verso l'alto, facendo valere la propria stazza per esprimere il predominio nei confronti dei propri simili più piccoli e deboli, accaparrandosi per prime il cibo.
In più bisogna ricordare che un'esca appena staccata dal suolo sarà molto evidente alla vista dei pesci, permettendo agli stessi di cibarsi, comunque, sempre negli ultimi strati dell'acqua, evitando di compiere movimenti particolarmente faticosi e dispendiosi dal punto di vista energetico.
Quando?
L'insieme di tutti i vantaggi sopracitati ci ha spinto spesso ad effettuare ottime pescate anche durante eventi agonistici, scegliendo d'iniziare la sessione di pesca con l'amo appoggiato al terreno, per poi staccarlo di quattro dita appena l'attività delle prede si fosse fatta più intensa.
Il segnale inconfondibile per scegliere il momento più consono al cambiamento viene offerto dalle carpe stesse che, con la loro attività crescente, testimoniata da accenni di mangiate oppure tocche false con conseguenti ferrate a vuoto, ci suggeriscono di variare la profondità di pesca.
Quale sonda
Per essere certi di presentare l'amo innescato a quattro-cinque centimetri dal fondo è imperativo sondare perfettamente la profondità, facendolo con una sonda idonea che elimini completamente il rischio di effettuare una valutazione errata. Ecco perché consigliamo uno scandaglio a base piatta e larga che pesi 20-25 grammi, nel quale sia possibile inserire saldamente l'amo.
Calando la sonda lentamente in acqua, stando attenti che il tutto sia fatto con la lenza esattamente perpendicolare all'acqua, sarà possibile adagiare delicatamente la sonda a terra, senza che questa si pianti su un fondale soffice oppure ruzzoli in presenza di eventuali dislivelli.
Una volta trovato il fondo preciso, basterà prendere un pennarello e segnare sulla punta della roubaisienne la profondità reale (questa deve essere considerata dall’amo fino alla metà dell'antenna segnalatrice del galleggiante, considerando che in pesca con una corretta taratura rimarrà fuori dall'acqua solamente metà antenna). Al momento giusto basterà abbassare il segnalatore di quattro dita rispetto al fondo stimato per staccarsi in modo corretto dal suolo.