Durante il periodo tardo primaverile ed estivo, i corsi d'acqua a carattere torrentizio danno il meglio di sé. Le temperature, ora ottimali, mettono in attività i pesci grazie anche ai livelli in calo sì, ma non troppo.
Pescare i cipirnidi in queste acque, soprattutto i cavedani, vuol dire essere pronti ad accettare qualsiasi compromesso e ad aguzzare l'ingegno ed affinare il più possibile la tecnica.
Questi ambienti sono le palestre per eccezione del pescatore che vuole migliorarsi sempre di più. Acque limpide impongono approcci precisi ed ultrasottili.
Vediamo insieme gli aspetti più importanti per garantirsi una fruttuosa giornata di pesca. Prima, però, due parole su come affrontare una fastidiosa allergia di stagione.
Allergia al bigattino
Il proliferare delle allergie, stagionali e no, non risparmia i pescatori. Fra le più odiate, spregevoli e insopportabili c’è quella al bigattino. Per un pescatore questo tipo di allergia è praticamente un dramma.
L’allergene in questione è la sostanza prodotta dalle larve durante la trasformazione in pupa, la “cadaverina”, percettibile per il tipico odore di ammoniaca.
Le manifestazioni allergiche possono essere diverse secondo la sensibilità del soggetto e vanno dalle più classiche e diffuse, come rinite, asma, congiuntivite, ad altre ben più gravi quali diffuse reazioni a livello epidermico, eruzioni cutanee più o meno gravi o asma bronchiale.
La sostanza in questione diventa più abbondante tanto è maggiore il movimento dei bigattini in relazione alla temperatura esterna, ovviamente in estate il fenomeno raggiunge il picco massimo. Senza entrare in ambito strettamente medico ci sono degli accorgimenti che possono limitare gli effetti allergici, vediamo quali sono.
CONSERVAZIONE: teniamo i bigattini al freddo per quanto possibile, allo scopo possono tornare utili anche dei frigo portatili. Durante gli spostamenti in auto evitiamo di tenere il sacchetto dentro l’abitacolo, appesi fuori danno molti meno problemi.
Durante l’azione di pesca non teniamo il sacchetto al collo, più le larve sono vicine alle vie respiratorie peggio è. Sacchetti in tela con il fondo in rete aiutano ad aerare le larve e disperdere la cadaverina.
GUANTI IN LATTICE: escludono le reazioni da contatto, consigliabili per maneggiare grosse quantità di larve (per esempio quando s’incollano), ma sono d’impedimento quando c’è da innescare, specie larve singole su ami piccoli.
FARINA DI MAIS: di solito le larve sono fornite con della segatura che, pur asciugando le larve, è molto volatile quindi perfetta per fare da vettore alle sostanze allergizzanti.
Un buon metodo è quello di acquistare larve setacciate e di procedere a una “lavatura” casalinga che consiste nel lasciare le larve per qualche minuto a bagno nel latte intero freddo (circa 300 cc per mezzo Kg di larve) scuotendole continuamente.
Procedete poi a scolare le larve in un setaccio e ancora, una volta ricoverate in un contenitore asciutto, spargetele con farina di mais (più pesante della segatura) per poi ripassarle di nuovo al setaccio per eliminare la farina umida in eccesso.
Ricoveriamo infine le larve nel sacchetto con un altro po’ di farina di mais che andrà ad assorbire la cadaverina prodotta mentre peschiamo. Così facendo si ottiene un bigattino perfettamente pulito e dal caratteristico odore di formaggio.
Fatto questo non è mai una cattiva idea ricorrere a delle pastiglie di antistaminici da assumere la sera prima della sessione ed avere sempre al seguito del broncodilatatore spray e del collirio monodose. Una reazione allergica violenta può rovinare anche la più perfetta delle giornate di pesca.
Non solo ardiglione
In determinate tecniche di pesca l’uso di ami barbless è fortemente consigliato e questo al di là del fatto che ci si trovi in una zona No Kill dove l’ardiglione è vietato.
I vantaggi sono molteplici, non ultimo la garanzia di preservare una maggiore vitalità del bigattino, vivacità che può essere compromessa, seppur in modo non visibile, dalla presenza dell’ardiglione.
Fidatevi che se questa variazione non è percettibile da occhio umano lo è perfettamente dall'occhio del cavedano, magari abituato a una pressione di pesca costante che ne aumenta in modo esponenziale l’innata diffidenza e furbizia.
L’assenza del fermo ritorto sulla punta dell’amo può fare storcere la bocca a parecchi pescatori, ma sono convinto che la sicurezza data dalla sua presenza sia un fatto puramente psicologico, il bigattino non scivola specie se innescato con un minimo di perizia.
Normalmente gli ami usati in questo spot, per forma e dimensione, accettano una sola larva che risulta efficace se innescata di traverso, punta appena sotto pelle a metà del corpo. In questa posizione il presunto scivolamento è molto difficile in virtù del modo in cui il bigattino si dimena.
Se le condizioni di pesca o la profondità di passata suggeriscono un innesco doppio si può ovviare in due modi: innescando i due bigattini in modo contrapposto, il primo dalla coda e il secondo dalla testa, in questo modo il movimento a salire del primo blocca lo scivolamento del secondo.
Alternativamente si possono innescare le due larve una, la più alta, pizzicata in punta dalla parte più sottile, l’altra innescata di traverso avendo cura, prima, di strofinarla per qualche secondo, fra il palmo della mano e i jeans.
Questo veloce rullaggio ci restituisce una larva ancora viva, ma fortemente menomata nei movimenti, il che funge da “blocco” naturale per la larva innescata in alto.
Rifiniture da sarto
In zone dove i cavedani sanno, come si suol dire, leggere e scrivere, ogni piccolo particolare, anche quello che può sembrare insignificante, concorre ad alzare o diminuire il numero delle catture.
Se la pesca non si volge a stretto contatto con il fondale, dove un amo a occhiello può avere un senso, il nodo che garantisce la maggior tenuta, se ben eseguito, è lo snelling, almeno secondo la nostra esperienza.
Il nodo in questione, tra l’altro, proprio per le modalità di esecuzione, può essere fatto tranquillamente anche su ami microscopici e fili sottilissimi. Una volta imparato correttamente il movimento di rotazione con le due dita (ideale farlo con pollice e indice) si può legare efficacemente anche un n.26 con dello 0,06.
Quando parlo di “rifiniture da sarto” mi riferisco a come si perfeziona il nodo ovvero come si taglia la parte in eccesso del nylon eccedente la legatura. Nella fretta spesso si usano i denti, specie sui nodi che non interessano direttamente l’amo come quello di collegamento con il ferretto per il terminale.
Ora, se non avete i denti di uno squalo bianco e se il vostro dentista non vi ha limato gli incisivi come un castoro, state pur sicuri che il nylon, prima di essere tagliato, viene schiacciato.
Potrebbe far ridere parlare di “schiacciato” su diametri inferiori a 1 decimo di millimetro, ma quello che ne risulta è un “timone” irregolare che, per quanto piccolo, influisce sul movimento in acqua della larva.
E’ quindi opportuno tagliare il nylon con un tagliaunghie o con una forbicina a punta sottile adibiti solo a tale scopo, questo per non rovinarne il filo dell’acciaio.
Il taglio così eseguito, oltre ad essere più vicino all’assucatura delle spire di quanto non lo sia facendolo con i denti, ci regala un taglio netto e pulito che non schiaccia il diametro del nylon e non influenza in nessun modo il movimento in acqua della larva senza nessun effetto “chiglia”.
Spallinata da calata
Se non ci sono le condizioni ideali per pescare a galla e di conseguenza costringere i cavedani, con una pasturazione mirata, a salire in superficie per nutrirsi dove vogliamo noi, le nostre “simpatiche canaglie” hanno la tendenza a occupare fasce diverse in tutto l’ipotetico cono di profondità dello spot.
Sulla manciata di bigattini è facile vedere i primi ciprinidi contendersi le larve nei primi centimetri di acqua, ma possiamo mettere una mano sul fuoco che ci saranno altri cavedani, posizionati a diverse profondità, pronti a fare la stessa cosa.
Una sorta di mutua divisione delle lingue di corrente per cibarsi, fondo compreso.
Di solito succede quando la corrente non è tanto impetuosa da disperdere velocemente le larve e nemmeno tanto debole da permettere la discesa delle stesse più o meno nello stesso punto del fiume. In queste condizioni è utile confezionare una montatura che produce un duplice effetto, cioè quello di intercettare il pesce in diverse fasce di acqua, senza rinunciare a fregarne qualcuno a vista fino a quando corrente e visibilità lo consentono.
Si tratta di usare un galleggiante da 0,40 g dalla forma spiccatamente affusolata e dalla lunga deriva in carbonio (molto sensibile) così come deve essere lunga e sottile l’antenna.
L’antenna lunga permette una taratura settata su diverse sensibilità (basta un pallino del 13 in più o in meno) mentre la lunga deriva agevola la lenta calata e distesa della lenza.
Il bulk è molto alto ed è costituito da tre pallini dell'8, poi a distanza di 25 cm, si mettono due 9 un 10 e un 11, l’11 è a ridosso del ferretto che precede un terminale lungo sul quale vanno pinzati equidistanti due pallini del 13 con il più basso che può essere spostato per regolare la velocità di discesa della larva innescata.
La montatura funziona in condizione di corrente lenta tipica della parte iniziale della buca o all’inizio di un rigiro d’acqua sotto un ostacolo.
Basterà guardare la larva fin dove possibile per poi passare a controllare l’antenna fino a quando l’innesco non ruzzola fra i ciottoli del fondo a fine passata. In queste circostanze l’attacco, come detto, può avvenire in ogni momento e noi possiamo sfruttare la passata al 100% del suo potenziale.