Da sempre, quando mi trovo immerso nella Natura con una canna da pesca tra le mani, rifletto su quale potrebbe essere il senso della vita di ciascun essere vivente. Purtroppo, se vogliamo essere sinceri, dobbiamo ammettere che la nostra mente non è fatta per penetrare il gioco di prestigio della vita e dunque non possiamo svelarne il mistero. Dobbiamo vivere senza sapere né perché, né, conseguentemente, come.
In tale ottica, rifletto sempre se sia giusto o meno rilasciare il pesce pescato. Premetto che da ormai molti anni pesco prevalentemente a mosca e spinning, rilasciando con estrema cautela i pesci allamati. In tal modo è vero che il pesce subisce uno stress, che prova un certo dolore con un amo conficcato nella bocca, ma comunque dopo pochi istanti torna a nuotare libero e nel giro di poco tempo recupera pienamente il suo vigore.
Tutto questo a patto che si seguano le regole base del rilascio:
- Minimizzare il tempo di combattimento, per ridurre lo stress indotto nel pesce;
- Utilizare ami che rimangano conficcati nella parte anteriore della bocca. E qui potrebbe aprirsi un discorso infinito, perché v'è chi consiglia l'utilizzo di ami grandi per anticipare la ferrata ed evitare l'ingoio, ma è pur vero che con un amo del genere, una ferrata tardiva potrebbe significare una penetrazione eccessiva dell'amo ed un danno irreparabile per il pesce;
- Eliminare l'ardiglione dell'amo;
- Bagnarsi le mani prima di toccare il pesce per due motivi fondamentali: il primo è legato al fatto che i pesci hanno poco sangue in circolazione e la loro temperatura corporea è relativamente bassa. Entrando in contatto con la nostra mano a 37° C potrebbero subire uno shock termico. In secondo luogo, i pesci sono rivestiti da una mucosa protettiva, che potrebbe venire irreparabilmente compromessa, nel caso in cui il pesce fosse toccato con una mano non bagnata. La compromissione di tale patina protettiva, esporrebbe il pesce ad infezioni e funghi, anche mortali;
- Rilasciare il pesce il prima possibile, evitando di tenerlo fuori dall'acqua per lunghi periodi di tempo. La foto di rito ci può stare, ma il pesce deve tornare nel suo ambiente al più presto. Per la foto di rito è fondamentale evitare di toccare le branchie del pesce, che sono organi delicatissimi, così come è buona norma non prendere il pesce dalla coda e lasciarlo appeso come un salame davanti all'obiettivo. Infine gli organi interni del pesce sono molto delicati e potrebbero essere compromessi, qualora il pesce venga stretto eccessivamente tra le mani o cada sbadatamente a terra durante il rito della foto;
- Riossigenare il pesce prima di lasciarlo andare, tenendolo per la coda e sotto il corpo, muovendolo avanti ed indietro in acqua. Quando la riossigenazione è completa, il pesce con vigore riguadagnerà la sua libertà.
Seguendo queste norme, sarebbe possibile vivere la propria passione in modo da non uccidere alcun pesce, ma chiaramente questa mentalità non è radicata in ogni tecnica di pesca, soprattuto quando si parla di pesca in mare, dove il pesce è ottimo da mangiare e può ripagare le spese per l'attrezzatura da pesca, le esche e gli spostamenti. Inoltre anche in acque interne, vi sono persone che uccidono il pesce, o perché lo mangiano - talvolta vi è anche chi è davvero affamato - o perché, pur non mangiandolo, lo prelevano per regalarlo.
Il discorso di fondo sul Catch and Release sarebbe quello di ragionare su cosa potrebbe essere più giusto: bisognerebbe o meno rilasciare il pescato od almeno parte di esso?
Come esordivo, la risposta a questa domanda non è semplice e neppure banale, per il fatto che nessuno di noi sa cosa sia veramente la Vita e come vada vissuta. Dunque non sappiamo con esattezza se noi esseri umani siamo all'apice della catena alimentare animale od addirittura ne siamo fuori, perché frugivori, ossia destinati ad alimentarci con frutta e verdura.
In effetti analizzando la nostra conformazione anatomica, si nota subito che non possediamo né artigli, né denti adatti per cacciare direttamente le nostre prede. Però si potrebbe obiettare, che noi disponiamo di una mente sviluppata per cacciare e che, probabilmente, siamo diventati così intelligenti, evolvendo nei millenni, proprio per via della caccia e soprattutto della pesca.
Alcune teorie ipotizzano che gli uomini preistorici, allorché cominciarono a pescare, dopo essere stati per secoli puramente frugivori, svilupparono l'intelligenza e le dimensioni del cervello, per il fatto che dovevano elaborare tecniche di pesca sofisticate.
Dunque il nostro organismo, secondo tale teoria, dovrebbe essere settato per mangiare prevalentemente frutta e verdura, con un buon apporto di carne e pesce.
Altre teorie ipotizzano che l'uomo sia sempre stato solo ed esclusivamente frugivoro, ossia con un organismo settato per mangiare esclusivamente cibi di origine vegetale. Su questo filone si basano anche le moderne correnti di pensiero del veganismo e del vegetarianismo.
Stando in contatto con vari vegani e vegetariani, ho scoperto che molti di loro sono tali per motivi etici, ossia ritengono che uccidere un animale per cibarsene non sia etico.
Con il massimo rispetto per cotanto amore verso la Natura, ad alcuni di loro faccio notare spesso che la Natura è ben diversa da come la immaginano loro, che il più delle volte vivono in città, lontano dalla realtà naturale.
In effetti la Natura non è il quadro bucolico rappresentato nelle favole, bensì una realtà basata su un olocausto continuo. Ogni animale sopravvive con la vita di un altro. Insomma la Natura è progettata per avere come fine la morte, dopo una vita trascorsa a guardarsi le spalle dai predatori.
Inoltre come possiamo valutare più meritoso di vivere un cane, rispetto ad un insetto, come ad esempio una mosca, che quasi nessun vegano esita a massacrare continuamente? Non si tratta sempre di due animali di pare valore? Perché l'Etica dovrebbe valere per l'uno e non per l'altro?
E' chiaro che si potrebbero scrivere intere pagine di interrogativi, senza avere alcuna risposta certa, dato che dobbiamo ammettere di essere ignoranti sui fini della Vita. E' pur vero che gli insetti non hanno né un sistema nervoso che provoca dolore, né una coscienza, ma non ritengo che ciò sia sufficiente per utilizzare due pesi e due misure per le diverse categorie animali. Anche perché il fatto che per alcuni esseri umani sia più facile uccidere una mosca rispetto ad un cane, è legato puramente al condizionamento mentale ricevuto.
Al di là di questo, non è possibile che anche un vegetale soffra in qualche maniera a noi ignota, qualora venga sradicato?
Beh, l'unica conclusione sincera è che la leggi della Natura non sottostanno assolutamente all'Etica umana.
Quindi ammettendo che magari gli allevamenti intensivi, dove gli animali vivono in condizioni esasperate, potrebbero essere condannati, cosa si può dire di un uomo che uccide un pesce per mangiarlo? Che non è privo di Etica? Che davvero finché gli uomini uccideranno gli animali continueranno ad uccidersi anche tra loro?
Io personalmente conosco molti uomini che uccidono i pesci per cibarsene e costoro presentano una nobiltà d'animo talmente sviluppata, che nell'arco della loro vita non hanno mai fatto soffrire neppure verbalmente un altro essere umano. Questi uomini non sarebbero etici e da loro dipenderebbe la violenza umana? Non credo proprio!
Senza andare oltre, perché potrei scrivere ancora per ore, vorrei apportare la mia conclusione sull'argomento del Catch and Release nel mondo della pesca. A mio modestissimo giudizio, considerando la pazzia dell'era moderna, che sta violentando in ogni maniera gli ambienti acquatici, impoverendosi sempre più di fauna e flora, ogni volta che sia possibile, sarebbe saggio ridonare il pesce alla Natura.
Nel caso si voglia trattenere qualche capo per cibarsene, bisognerebbe valutare attentamente di minimizzare il numero di catture, in modo da salvaguardare l'equilibrio naturale. Soprattutto quando il pesce è famelico, bisognerebbe saper ragionare e non causare immotivate mattanze. A mio parere, il discorso che fanno alcuni, legato al fatto che se i pesci non li preleva lui, lo fara qualcun altro al suo posto, appartiene ad una mentalità ormai superata. Oggi ognuno di noi è chiamato a difendere coi denti la Natura e per far ciò, il primo passo da fare è ammaestrare gli altri sul rispetto per ogni forma di vita.
Insomma mi sono dilungato ampiamente su uno degli argomenti più difficili da trattare in assoluto relativamente al mondo della pesca. Ora vorrei sapere cosa pensate voi del Catch and Relaese. Sfruttate i commenti all'articolo per dire la vostra, in modo democratico e rispettando il punto di vista di chiunque.
Buona Vita a Tutti!