Appurato che il bigattino ha un impiego temporale molto limitato, indicativamente da fine ottobre ai primi di marzo (piene permettendo) l’unico modo di sfruttare il fiume durante l’arco dei dodici mesi è di scegliere esche dure quali pellets e boilies o virare sulle pastelle purché abbiano una tenuta tale da non subire il disturbo di corrente e piccoli pesci.
In linea generale un pellet di buona qualità è un’esca immediatamente riconoscibile, non dico al pari di vermi, mais e pane, ma comunque con una buona propensione ad attirare l’attenzione e risvegliare l’appetito di pesci che di pellets in vita loro non ne hanno mai visti.
In acqua libere, un’esca deve coniugare perfettamente caratteristiche nutrienti e attrattive così da fare colpo alla prima “annusata”. Nello specifico, considerando profondità e colore medio dell’acqua, la ricerca di cibo si affida quasi completamente ai recettori che carpe e barbi hanno intorno alla bocca e sui baffi, recettori in grado di “sentire” segnali chimici e odorosi anche se diluiti e distanti per effetto e con l’aiuto della corrente.
Il complesso bocca/baffi funziona come un enorme naso la cui sensibilità è decine di volte superiore a quella umana. Attenzione, questi sensi vanno stimolati e non irritati, quindi l’equazione: più attrazione = più efficacia, è spesso sbagliata. Nell’uso dei prodotti per dippare le esche è indispensabile attenersi in modo preciso alle dosi riportate sul prodotto stesso.
Ovviamente da solo l’attrattore non basta, se noi sentiamo un irresistibile odore di crema pasticcera e addentando la brioche scopriamo che questa è di cartone non continuiamo di certo a mangiarla, un buon attrattivo può funzionare nel breve termine, ma stanca il pesce se ciò che mangiano ha dei validi stimolatori per i recettori, ma risulta scandente a livello nutritivo se non dannoso a livello digestivo.
Ecco la necessità di pescare (e pasturare) con un prodotto di qualità andando ad arricchire l’innesco con qualcosa che possa far risaltare lo stesso in mezzo alla zona pasturata.
Barbel Pellet
In alcune circostanze l’efficacia di un innesco è strettamente correlata alla sua presentazione visiva, come per un piatto di alta cucina prima si devono nutrire gli occhi poi si deve appagare il gusto dei commensali, questo è più valido in alcune tecniche che in altre.
Il Barbel Fishing, seppur con le dovute proporzioni, non sfugge alla regola. A sostegno della tesi basta osservare attentamente la morfologia dei pesci che popolano il medio e basso corso di un fiume; un tripudio di baffi, più o meno lunghi e di occhi piccoli, molto piccoli, poco adatti a procurarsi il cibo a vista a maggior ragione se la ricerca di nutrimenti avviene a stretto contatto del fondale.
In quest’ottica, oltre alla fase di richiamo immediato affidata ai classici mix da feeders, riveste grossa importanza il pellet o meglio la conoscenza della sua “anatomia”. Il pellet, a differenza delle boilies, ha una resistenza in acqua molto più limitata, ma è in questo limite che troviamo il suo maggiore potere attrattivo, purché si riesca a sfruttarne al meglio le caratteristiche.
In primo luogo scegliamo prodotti di qualità ricchi di farine di pesce, molluschi e/o crostacei; per la mia esperienza sono proprio questi ultimi a rendere maggiormente, probabilmente per analogia con quello che barbi e carpe trovano a disposizione nel fiume.
I tempi di scioglimento variano in funzione della corrente e della temperatura dell’acqua. Indicativamente, un pellet, in estate, ha bisogno di essere cambiato dopo 30/40 minuti, in inverno questi tempi possono arrivare a raddoppiarsi. Inoltre, con la bella stagione, lo sfaldamento è accelerato dall’azione dei piccoli pesci che in inverno non sono attivi.
Quello che può sembrare il difetto più grande si rivela essere il pregio più importante, visto che l’attrattiva del pellet raggiunge l’apice proprio quando comincia a sfaldarsi. A differenza delle boilies, il pellet non ha una grande tradizione nel self-made, quindi bisogna testare e affidarsi ad aziende serie che propongono un prodotto ricco di ottime farine, dal giusto equilibrio di spezie.
In commercio si trovano i diametri più disparati, dal 3 mm al 20 mm e oltre, con taglie che trovano impiego in un largo spettro di situazioni, dalla pasturazione con feeder, a quella a fionda per finire all’innesco vero e proprio.
I pellets vanno preparati per tempo, in modo che gli stessi possano impregnarsi a fondo nella sostanza attrattiva e, di conseguenza, l’azione in acqua sia più lunga ed efficace. Una settimana di ammollo è il tempo minimo e due sono sempre meglio, anche se dopo lunghi ammolli la “resistenza” in acqua del pellet risulta ridotta.
Per ovviare alla stabilità dell’innesco, specie in fase di scioglimento, usiamo degli stop bait lunghi che tengano in posizione tutto il corpo del pellet stesso anche quando comincia a sfaldarsi. Per ambienti vasti e profondi, la nostra scelta cade su pellet dal diametro generoso, almeno 14 mm, da innescare singoli o in coppia.
Dippare un’esca poco prima del lancio quando si pesca in forte corrente non ha molto senso, il liquido sparirebbe poco dopo l’ingresso in acqua vanificando lo scopo per il quale è pensato.
I pellets da innesco riposano nell’ammollo in contenitori ermetici poco fondi in modo che ogni singolo pellet rimanga a contatto con il liquido usato assicurando una perfetta e omogenea operazione di aromatizzazione. Così facendo, una volta in pesca, i pellets rimangono ben impregnati del liquido anche dopo mezz’ora dalla posa in pesca.
Trascorso tale periodo basta cambiare l’innesco anche per ottimizzare il carico e lo scarico della pastura presente nel feeder.
Anche la conservazione ha la sua importanza, usare una borsa per esche ben isolata agevola il trasporto e assicura una buona conservazione del prodotto per lunghi periodi.
Ogni dip modifica in modo profondamente diverso il pellet impiegato per la “marinatura”. Alcuni dip non alterano la struttura del pellet, vengono quasi completamente assorbiti seppur con tempi di ammollo molto più lunghi, almeno di due settimane. Altri dip invece gonfiano il pellet, ne riducono sensibilmente la resistenza in acqua e hanno bisogno di pochissimo ammollo, spesso un paio di giorni sono più che sufficienti.
Boilies
Nelle prove effettuate, parlando di sessioni relativamente corte (mai più di 8/10 ore), non abbiamo riscontrato enormi vantaggi nell’uso di palline di vario diametro rispetto al pellet, un’ipotetica competizione fra le due esche basata sulle catture vedrebbe il pellet stravincere.
Probabilmente il tutto è legato alla “velocità” dell’esca dove per velocità si intende la capacità di essere immediatamente riconosciuta ed appetita. La boilie non può non essere legata, nella sua efficacia, a una pasturazione preventiva studiata, adattata allo spot e ben eseguita nella tempistica e nelle quantità.
Qualche cattura sulle palline è arrivata, questo è innegabile, ma poca cosa rispetto ai risultati ottenuti con i pellets o con le stesse pastelle.
L’unico vero grosso vantaggio di una boilie è la durata in acqua, quindi, se pescate con più canne, una di queste può essere deputata a presentare l’inganno in questione, magari a valle e magari a piombo secco, una sorta di jolly che il fiume deciderà o meno di sfruttare.
Se decidiamo di scegliere le boilies, gli inneschi doppi con misure piccole (10/12 mm) sono quelli più efficaci.
Per il discorso DIP vale tutto quanto scritto per i pellets.
Pastelle
Preparare in casa la pastella è operazione molto semplice purché non ci si lasci prendere la mano dai numerosi ingredienti presenti sul mercato.
La creazione di un mix efficiente passa dalla conoscenza dello spot a quella delle abitudini alimentari dei pesci senza mai dimenticare le parole “equilibrio” e “semplicità”.
Dopo vari tentativi ho capito che partire da una buona pastura da fondo è il primo passo, specie se consideriamo che la nostra esca, in assenza di una pasturazione preventiva, deve essere immediatamente riconoscibile.
Ecco una “ricetta” veloce per ottenere un impasto appetibile:
- 200 g di pastura da fondo per barbi di qualità, possibilmente rossa a grana grossa (meglio se ricca di macro particelle)
- 100 g di farina di formaggio
- 50 g di farina di gamberi
- 200 g di precotto di mais
- 50 g di canapa frantoiata
- 15 ml di dip
Basta mescolare accuratamente il tutto e aggiungere un uovo, se l’uovo non fosse sufficiente possiamo unire un po’ di acqua per ottenere un impasto elastico e coeso.
L’impasto deve essere preparato la sera prima della sessione e conservato in frigo avvolto in pellicola per alimenti. Sullo spot ricordiamo di tenere sempre il tutto avvolto nella pellicola per evitare che l’impasto si secchi. Una volta staccato il pezzo per l’innesco è consigliabile lavorarlo un po’ con le dita per aumentarne la tenuta.
Valida alternativa è affidarsi a mix già pronti di provata qualità, sono mix studiati per il method (e quindi già molto leganti) che possono essere ulteriormente arricchiti con gli stessi dip che usiamo per i pellet (sempre nelle dosi consigliate) e resi ulteriormente tenaci con l’aggiunto di una farina neutra, tipo precotto di mais, farina di manitoba o la semplice farina bianca.