La pesca è come la vita: bella perché è varia.
Perché dico questo? Perché qualche volta si parte per fare una certa tecnica mirata a certi pesci e poi ci si ritrova a fare tutt’altro e a prendere l’ultima specie di pesce che pensavi ti si appendesse all’amo: .
La tecnica era il ledgering con il feeder ultraleggero ai difficili pesci invernali in lago. L’avvio è stato assai difficile: niente pesci per almeno mezz’ora. Pensavo che i carassi e le breme, per quanto poco attivi, rispondessero almeno un po’ all’offerta di bigattini elargiti dal mio pasturatore.
Conosco piuttosto bene la zona in cui pescavo e sapevo che lì la pesca non è semplice, ma anche che i pesci tendono a partire presto con le mangiate per poi allontanarsi velocemente. E’ per questo motivo che mi sono abbastanza preoccupato mettendo perfino in dubbio che si potesse realizzare qualcosa di sensato.
Abbastanza contrariato, ho effettuato l’ennesimo lancio e, mentre il pasturatore non era ancora giunto sul fondo, ma, calcolando i tempi di discesa, doveva esserne molto vicino, ho notato un tremolio del vettino, ma ho dato la colpa di questo al pasturatore che, probabilmente si era appoggiato ad un sasso per poi cadere definitivamente sul fondo determinando il movimento incriminato. Mentre pensavo questo, il vettino da ¾ di oncia della canna si è leggermente piegato e poi ha iniziato a vibrare. Preso!
Finalmente, oltre alle chiacchiere tecniche per spiegare come montare la lenza, quale pasturatore usare eccetera, si poteva far vedere un pesce!
Pochi secondi dopo averlo allamato, tuttavia, ho cominciato a “sentire” qualcosa di strano: non poteva essere un carassio e tanto meno una breme. La difesa era abbastanza vigorosa, ma fatta a strappi e rilasci con vibrazioni continue. E’ così che al guadino è arrivato un bel persico reale dalla bellissima, colorata livrea e con la “cresta” ben dritta.
Capita di rado nel nostro Paese, molto più spesso in quelli del nord Europa che, pescando con tecniche ed esche tipiche della pesca al colpo, le prime catture siano costituite da persici reali.
Le prime, ma non la quasi totalità della sessione di pesca. Perché effettivamente le cose sono andate proprio così: a parte un paio di bremette e altrettante carpe che hanno avuto ragione dell’esile finale, persici, persici e ancora persici, alcuni anche di taglia davvero interessante, che mostravano di gradire fuor di misura i bigattini innescati e immessi nel .
Incredibile, in quasi 60 anni di pesca non mi era mai accaduto!
Parliamo di tecnica
Ovviamente, la stagione giusta è quella che parte dai primi freddi autunnali a tutto l’inverno, perché innescando bigattini o piccoli vermi, sarà difficile che durante la stagione calda carassi & C. diano modo ai persici di arrivare per primi e, inoltre, va ben considerato il fatto che nel periodo estivo la dieta dei persici è costituita da ben altro che dai bigatti.
La ricerca che abbiamo effettuato per cercare di capirne di più è passata attraverso la pesca a feeder con diversi sistemi, fino a quella con la roubaisienne. E’ fuori discussione che il principale fattore a favorire la cattura dei persici è che questi ci siano e perché ci siano bisogna che il posto abbia caratteristiche tali permetterne la presenza.
Il punto del lago nel quale abbiamo pescato, presenta un certo numero di ostacoli sul fondo. Ci sono grosse pietre sparse qua e là, ma anche dei rami o qualcosa di simile. Non sono riuscito a capire di che si trattasse, ma il fatto di incagliare ogni tanto e di lasciarci il finale, mi fa pensare a questo.
Il feeder
Questo tipo di pesca si può fare sia in acqua ferma che corrente e, anche se è la prima volta che ho praticato questo tipo di pesca, alcune cose, riguardo alla tecnica, mi sembra di averle intuite.
Magari, continuando a praticarla, ne scoprirò delle nuove, ma intanto, vediamo che cosa ho scoperto.
Innanzitutto, che è necessario pescare con dei feeder leggeri e piccoli perché è nella discesa che si compie il “miracolo” dell’arrivo dei persici.
Inoltre, che è meglio impostare la pesca a non più di una trentina di metri da riva; questo perché dopo un po’ di tempo, è opportuno apportare delle modifiche all’azione di pesca, ma di questo parleremo dopo.
Per iniziare, non c’è niente di meglio di un classico block end e, tra questi, il mitico Black cap nella misura media con una zavorra da 20 grammi ritengo che sia il massimo almeno per due motivi.
Il primo è che contiene una quantità di bigattini ideale per iniziare creando un’area pasturata sufficientemente fornita di larve, il secondo è che i fori sul corpo del pasturatore sono piuttosto ampi e permettono l’inizio dell’uscita delle larve fino dal primo contatto con l’acqua. Questo crea una sorta di scia per tutto lo spessore liquido che, a mio avviso, è l’azione di pasturazione più importante nei confronti dei nostri predatori tigrati.
Non appena arriva il primo pesce, meglio sostituire il Black cap di misura media con uno piccolo. L’azione pasturante è esattamente la stessa, ma si riduce drasticamente la quantità di bigattini immessa in acqua.I persici non sono cavedani ed è meglio lesinare le esche per non saziarli in breve.
L’alternativa al Black cap è quella del Carp feeder di Drennan che ha anch’esso i fori d’uscita molto grandi e a questo feeder bisogna comunque giungere dopo un po’ che si pesca.
Ora, si capirà per quale motivo ho detto che, almeno in acqua ferma, è meglio non andare oltre i 30 metri di distanza. Succede che, a forza di far calare il feeder verso il fondo, i persici comincino a staccarsi dal fondo.
Questo accade perché l’uscita dei bigattini nella calata tende a far salire il pesce, soprattutto se sul posto ce ne sono parecchi, cosa che innesca la cosiddetta frenesia alimentare.
Tutto questo invita a cambiare tecnica per farne una che è davvero entusiasmante, cioè quella della pesca in calata con il feeder.
Per questo, ho detto prima che comunque al Carp feeder di Drennan bisogna comunque arrivarci perché questo modello ha la possibilità di poter sganciare la zavorra che si trova all’estremità inferiore. Tolta questa, si disporrà di un block end il cui peso è limitato al quantitativo di esche che contiene, quindi, difficilmente potrà essere lanciato oltre i 30 m, ma che affonderà lentamente rilasciando, durante la caduta, quasi tutto il suo contenuto.
Basterà tenere sotto controllo la caduta con la canna, semplicemente tenendo il filo in leggerissima tensione con la punta dell’attrezzo basso e, in molti casi, avvertiremo la mangiata prima che il feeder arrivi sul fondo. Questa sarà data da una trazione continua senza le classiche vibrazioni che caratterizzano l’abboccata del persico con il feeder ancorato a terra.
Per quanto riguarda il finale per questa pesca, meglio che sia medio-lungo. Per quello che ho visto, almeno 50 cm per pescare a terra, mentre per la pesca in caduta i migliori risultati li ho avuti con un finale di circa un metro.
Anche se la caduta di un pasturatore privato del piombo è abbastanza lenta, evidentemente, un finale lungo dà più tempo ai pesci di seguire la discesa seguendo la scia dei bigattini.
La roubaisienne
L’appetito vien mangiando e non c’è rimasto niente da fare che provare a pescare persici, ancora con il bigattino, ma questa volta con la roubaisienne.
Li avevamo pescati a 30 metri con il feeder, non mi restava che capire se sarebbero venuti fin sotto sponda, o quasi, pescando con la roubaisienne e lanciando i bigattini a fionda.
Come ho detto sopra, mi è capitato, soprattutto all’estero, di prendere dei persici a bigattino, ver de vase o verme con la roubaisienne, ma montare la canna ad innesti per cercare esclusivamente questa specie, mi risultava strano. La parte più difficile, a mio avviso, è stato il capire con che tipo di piombatura pescarli.
Poi, ripensando a quella che era stata la sequenza dei giorni precedenti con il feeder, ho trasferito le esperienze di quelle uscite alla rouba.
Avevo cominciato con il blockend sul fondo e dunque ho pasturato con tre o quattro palline di bigattini incollati per creare un’area di stazionamento pescandoci sopra con una piombatura da circa un grammo con un bulk a circa 60 cm dall’amo e tre pallini equidistanti fra l’asola del finale ed il bulk stesso alimentando a piccole fiondate di larve.
Appoggiavo non più di una decina di centimetri al fondo. Dopo la canonica mezz’ora di silenzio, sono arrivate le prime abboccate. Ho insistito con questa montatura fino a quando non ho iniziato a vedere delle mangiate in calata.
Avevo preparato un kit con una lenza da circa mezzo grammo con una corona piuttosto aperta, sul tipo di quelle che si fanno per i cavedani. Una sessantina di centimetri di spallinata con pallini equidistanti tra loro in modo che la discesa fosse lenta e costante, cioè l’equivalente di quando pescavo con il feeder privato della zavorra.
Devo dire che la quantità di pesce portato al guadino è stata inferiore a quella presa con la tecnica del feeder, forse perché i persici non si avvicinano più di tanto alla riva o forse perché… tutti i giorni non sono uguali, in ogni caso ho fatto un’ulteriore scoperta e cioè che un bell’orsetto appeso singolarmente all’amo ai persici piace davvero tanto!