La pesca nei fiumi richiede una grande dose di fantasia o meglio di senso dell’acqua, quella dote tipica dei pescatori più esperti, ma che tutti possono sviluppare con un po’ di pratica e qualche giusto consiglio.
In un piccolo torrente è intuitivo fin dalle prime uscite capire dove calare l’esca in acqua e con l’aiuto di canne lunghe tutto è più facile. Invece, nel fiume, vanno applicati tutti i fondamentali della pesca: lancio, controllo della lenza, ferrata e recupero. Il tutto va condito dalla scelta corretta di dove eseguire questi fondamentali.
Il fiume va letto e per leggerlo bisogna osservare la corrente, capire dove l’acqua è più profonda, dove sono presenti degli ostacoli sommersi che sono sempre anche delle tane per le trote, dove sono le zone con “fondo vecchio” e ricco di nutrimento, facilmente riconoscibile dal colore dei massi più scuro, ed altro ancora.
A tal proposito vi ricordo il vecchio detto: ”la trota sta nel punto più profondo del punto meno fondo”, oppure “la trota sta nel punto meno fondo del punto più profondo”. Cerchiamo di decifrare queste due frasi: in sostanza si dice che quando la prevalenza del fondo del fiume è di acqua poco profonda troveremo le trote nel primo posto con l’acqua più profonda, oppure se la prevalenza del fondo del fiume è di avere acqua molto profonda troveremo le trote nel primo posto con acqua poco profonda.
Detto questo non rimane che individuare quella tecnica che sia in grado di presentare al meglio l’esca in questo ambiente. Il modo migliore è quello di farla scendere per la corrente alla stessa maniera con cui scende tutto il cibo delle trote e, se è vero il detto riguardante il punto di presenza delle trote, è anche vero che non è mai un punto di pochi centimetri (come nel caso del torrente dove si cerca la trota con precisione attorno ad un grosso sasso), ma può essere una scia di qualche metro dove vanno in pastura anche più trote assieme. Quindi dovremo pescare in passata.
Delle varie piombature esistenti, tutte quelle concentrate come pallettoni, olive, siluri o altro hanno grossi problemi di incaglio. Anche le vecchie spiraline di piombo non riescono a dare il massimo, soprattutto in presenza di fondali sporchi.
Il galleggiante non lo possiamo usare perché la profondità varia troppo spesso e l’acqua corre troppo veloce. La piombatura perfetta è così il pendolino, in particolare quello morbido costruito con filo di piombo e anima in acciaio.
Va montato sulla lenza madre tramite un attacco per pendolini e con l’ausilio di una girella si collega un terminale di circa 80 cm. Ma negli ultimi anni è sempre più apprezzata una lenza specifica per questa pesca che dà molti vantaggi. Si chiama montatura per pendolini. E’ formata da uno spezzone di 45 cm di filo del diametro 20 con una girella del 18 da una parte (da collegare alla lenza madre) ed una girella tripla del 20 dall’altra, a cui va legata una treccina di filo del 18 lunga 15 cm ed infine una girella del 22.
L’attacco per pendolini va infilato nello spezzone di 45 cm, mentre alla girella del 22 (dove c’è la treccina) si lega il terminale. Grazie alla montatura da pendolino avremo una lenza pronta da utilizzare, senza perdere tempo a costruirla sul posto.
La treccina, inoltre, distanzia il terminale dal piombo evitando fastidiosi e rischiosi attorcigliamenti e, non da ultimo, la “girellina” che collega la treccia al terminale aiuta a scaricare le torsioni del filo dovute alla rotazione dell’esca.
Per pendolino vanno bene anche quelli costruiti in materia plastica o gommosa provvista di zavorra in piombo, ma per avere un rapporto ideale tra peso, volume e limitato impatto visivo, i migliori sono quelli costruiti con filo di piombo con anima in tubicino di gomma e acciaio armonico, lunghi dai 5 ai 15 cm a seconda del peso. Quest’ultimo può variare dai 4 ai 20 grammi a seconda della portata del fiume.
La canna da impiegare va dai 5 ai 6 metri, non troppo rigida, ma con un a punta piuttosto grossa. Vi abbiniamo un mulinello ad archetto di discreta qualità capace di contenere 150 metri del 20. Montiamo degli ami di grosse dimensioni come il numero 4 o 6 ed inneschiamo dei grossi vermi di terra.
L’azione di pesca va eseguita con lanci a monte e passate molto lunghe verso valle, durante le quali il pendolino cammina trascinato dalla corrente e porta con sé l’esca nel modo ottimale. In questa transazione avvertiremo molti piccoli colpetti che altro non sono che l’impatto del piombo con i sassi del fondo. In questa fase dovremo regolare il filo richiamando quello in eccesso o rilasciandone un po’ con l’aiuto della mano sinistra che lo tiene tra le dita, il tutto con la canna rivolta sempre in direzione della lenza ed inclinata ad ore 9:30.
Questa posizione è fondamentale perché quando avvertiremo la mangiata della trota sarà una cosa improvvisa e noi dovremo reagire ferrando in pochi secondi. Se attendiamo troppo, la trota molla l’esca.
Poiché avremo quasi sempre molti metri di filo in acqua, la ferrata va fatta con un movimento rapido, ma anche molto ampio al fine di far penetrare bene l’amo nella bocca del pesce.
Per concludere, consiglio di impiegare ami senza ardiglione e terminali del 16: il combattimento sarà più emozionante ed alla fine il pesce si potrà rilasciare senza avergli causato grandi stress o danni nella slamatura.