Pesca alla Bolognese in Mare. Come scegliere gli Ami da Pesca

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L’amo non è altro che un uncino più o meno grande, ma è lo strumento, l’accessorio, che si contraddistingue per essere il primo elemento dell’apparato pescante ad entrare in contatto col pesce.

Possiamo anche affermare che sia stato una delle prime invenzioni del genere umano, poiché fin dagli albori della nostra specie, l’uomo fu costretto ad ingegnarsi per catturare pesci al fine di poter soddisfare il più elementare dei propri bisogni, ovvero nutrirsi. Sfruttando ciò che era già disponibile in natura, come pezzi di legno, ossa di animali o conchiglie, vennero realizzati i primi rudimentali ami da pesca.

L’amo ha pertanto origini antichissime e ai giorni nostri la concezione di tale oggetto è ben lontana da quella che lo caratterizzava in un passato assai remoto. Oggigiorno, infatti, gli ami vengono realizzati con acciaio di alta qualità e punte affilate chimicamente, accorgimenti che li rendono praticamente indistruttibili. In commercio ne sono disponibili svariate tipologie che si distinguono le une dalle altre per diverse caratteristiche, pertanto qui di seguito andremo ad analizzarle una per una, allo scopo di fornire una panoramica completa su tale argomento.

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LA FORMA

La cosa che colpisce di più quando andiamo ad osservare un amo è indubbiamente la sua forma. Ma che cosa si intende per forma di un amo?

E’ semplicemente il suo aspetto, cioè come si presenta di fronte ai nostri occhi, è l’espressione di un insieme di caratteristiche peculiari di quel ben preciso oggetto. Essa è influenzata principalmente da tre elementi, che sono:

  • gambo
  • curva
  • punta

Il gambo è la naturale prosecuzione del filo e può avere diversa lunghezza. Essa può variare portando ad avere ami a gambo lungo, medio e corto.

La curva è la parte che intercorre tra il gambo e la punta dell’amo. Questa può essere tonda o più o meno angolata.

La punta, invece, può essere dritta o rientrante, più o meno lunga, nonché disassata o svergolata rispetto al gambo e caratterizzata dalla presenza o meno dell’ardiglione.

IL GAMBO

Gli ami a gambo lungo non sono diffusissimi nella pesca a bolognese. Essi, infatti, vengono impiegati in situazioni circoscritte come, ad esempio, la presenza di pesci capaci di lesionare il finale con la loro dentatura; in mare nei casi più frequenti si tratta di boghe, salpe e occhiate. Infatti con l’impiego dell’amo a gambo lungo, si riduce la possibilità che la bocca del pesce venga a contatto con la lenza, preservando così la sua integrità.

Tali ami però, in virtù della lunghezza di tale segmento, che funge da maggiore leva durante il combattimento con i pesci, tendono a facilitare le slamate, ciò è dovuto, oltre alla lunghezza del gambo, anche alla scarsa ampiezza della curvatura dell’amo.

Gli ami a gambo lungo vengono anche impiegati quando utilizziamo come esca anellidi marini, in quanto permettono di alloggiare su di essi sia la parte in eccesso dell’esca sia quella che ricopre punta e curvatura.

Gli ami a gambo corto e medio, solitamente, sono i più usati, essi grazie alla maggiore distanza che intercorre tra punta e gambo e, quindi, grazie ad una curvatura più ampia, consentono una migliore e più efficace penetrazione dell’amo, diminuendo così i rischi di spiacevoli slamate.

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LA CURVA

Per quanto riguarda la curvatura, invece, come già accennato, può essere tonda o più o meno angolata. Una curva tonda e ampia è capace di alloggiare esche voluminose, come potrebbero essere ad esempio un gambero o un granchio.

Più invece la curvatura è angolata, e più si riduce lo spazio nel quale alloggiare l’esca. Solitamente, con curvature piuttosto angolate si tende ad innescare quasi esclusivamente bigattini e vermi marini.

LA PUNTA

La punta dell’amo può essere dritta o rientrante. Generalmente, nella pesca a bolognese, si impiegano quasi esclusivamente ami a punta dritta. Questo perché al momento della ferrata un amo con tali caratteristiche permette una immediata penetrazione della punta nella bocca del pesce.

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La ferrata ottimale, infatti, si ottiene quando canna e lenza formano un angolo di 90°, in questa circostanza la punta dritta dell’amo è perfettamente in linea con la punta della canna che gli impartisce la giusta energia per ottenere una migliore e più efficace ferrata. Invece gli ami a punta rientrante, più comunemente detti a becco d’aquila, nascono come ami auto ferranti, pertanto mal si prestano per la pesca a bolognese.

Tali ami, avendo la punta tonda, al momento della ferrata, tendono a scivolare sull’apparato boccale del pesce e non sempre riescono a trovare una superficie di appiglio, o comunque, se la trovano, spesso non riescono ad avere una gran presa, aumentando così il rischio di slamate e conseguenti arrabbiature!

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Possiamo asserire però che con certi tipi di pesci, o nelle misure più piccole, anche gli ami a punta rientrante possono avere un loro perché. Infatti nelle misure piccole, ovvero tra il 16 ed il 20, tali ami rendono bene anche nella pesca a bolognese con tutti i tipi di pesce, riuscendo a penetrare bene e ad allamare le prede principalmente sull’apparato boccale più esterno, una zona talvolta più tenace e più uniforme che riduce al minimo il rischio di slamare, come nel caso della spigola ad esempio, le cui labbra sono un ottimo punto dove conficcare il nostro uncino.

Nelle misure grandi, invece, ovvero dal numero 6 al numero 12-14, la curva formata dalla punta rientrante si fa assai più pronunciata e, solitamente, tende a scivolare nella cavità orale del pesce fino a che non trova un buon appiglio.

LA FERRATA

Dopo numerose ci siamo resi conto che le misure grandi di questa tipologia di amo funzionano bene nella pesca a bolognese degli sparidi come saraghi ed orate. Con tali specie, caratterizzate da una bocca non troppo ampia, l’amo a becco d’aquila scivola fino a conficcarsi sulle labbra carnose e tenaci proprio in virtù della conformazione dell’apparato boccale di questi pesci.

Stesso discorso, invece, non lo si può dire per la spigola, in questo caso, infatti, avendo una bocca molto grande, l’amo a becco d’aquila fa fatica a trovare un appoggio sul quale ruotare e far presa, finendo così per conficcarsi poco o nulla e rendendo l’allamata scarsamente efficace.

La punta, indipendentemente dal fatto che sia dritta o rientrante, può essere su un unico piano rispetto al gambo, oppure disassata rispetto ad esso. La distorsione della punta aumenta le probabilità di appiglio dell’amo ed è particolarmente indicata per la pesca a pesci che presentano una forte dentatura, come i saraghi, ad esempio.

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Sulla punta, poi, risiede un elemento fondamentale, il quale rifinisce l’amo e lo rende “completo”. Tale elemento prende il nome di ardiglione. Esso non è altro che un piccolo lembo d’acciaio che si distacca dalla punta, formando con essa una specie di triangolo. Tale appendice, pur sfavorendo lievemente la penetrazione, ostacola la fuoriuscita nel senso contrario durante le fasi del combattimento. Risulta essere pertanto una parte fondamentale e indispensabile dell’amo che ottimizza la sua funzione riducendo molto il rischio di perdere i pesci in caso di fortuito allentamento della tensione del filo.

Esistono in commercio anche ami che ne sono sprovvisti, però vengono impiegati quasi esclusivamente in acque interne, dove, essendo l’ambiente di pesca più circoscritto e delicato dal punto di vista ecologico, si tende a salvaguardare l’apparato boccale e la salute del pesce, visto che potrà essere allamato più volte.

In mare, questa esigenza, almeno per la pesca a bolognese, non si percepisce visto che nella stragrande maggioranza dei casi il pesce viene trattenuto per essere consumato a tavola, inoltre risulta essere un ambiente talmente vasto che difficilmente capiterà di allamare lo stesso pesce due volte, anche se rimesso in acqua.

L’ATTACCO

Terminata l’analisi di questi fattori (gambo, curvatura e punta) che concorrono a determinare la forma di un amo, passiamo adesso ad analizzarne di ulteriori. Ce ne sono infatti altri che vanno a caratterizzare e a distinguere un amo rispetto ad un altro. Il primo tra tutti è la conformazione dell’attacco che si trova all’apice del gambo. Quest’ultimo può essere a “paletta” o ad “occhiello”.

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Con l’amo a paletta il nodo viene effettuato subito sopra a quest’ultima, mentre in quello con l’occhiello il filo passa all’interno di esso. Anche se in linea di massima l’amo a paletta è molto più diffuso per la pesca a bolognese, capita che, talvolta, l’amo ad occhiello abbia in specifiche circostanze una marcia in più.

Nel caso in cui si debbano insidiare pesci di grande mole con fili ed ami di piccole dimensioni, può succedere che, alla lunga, durante il combattimento e sotto una forte trazione, il filo finisca per lesionarsi a causa dello sfregamento contro la paletta, oppure riesca a scivolare via finendo per sciogliere letteralmente il nodo, specialmente se il piccolo baffo di lenza in disavanzo dal nodo è stato lasciato troppo corto.

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Con l’amo ad occhiello questo non succede perché il relativo nodo implica che il filo vi passi all’interno, permettendoci così di avere un’ottimale tenuta alla trazione, inoltre il profilo tondo che caratterizza lo spessore dell’amo riduce al minimo le lesioni che si possono causare sul nodo rispetto ad un amo a paletta, dove quest’ultima ha un profilo battuto e quindi per certi versi più ”tagliente”.

IL FILO

Un cenno doveroso va fatto a carico del “filo” dell’amo, in particolare allo spessore di quest’ultimo. Possiamo avere ami a filo fine, medio e grosso. All’aumentare del filo, aumenta conseguentemente la robustezza dell’amo, pertanto anche la grandezza dell’esca che vi andremo ad innescare sarà più corposa. Questo andrà di pari passo sia all’aumentare dello spessore che delle dimensioni dell’amo.

Il filo, inoltre, può presentarsi a sezione tonda o battuta. L’amo battuto è il cosiddetto amo forgiato e questo processo non fa altro che aumentarne la resistenza alla trazione senza andare ad utilizzare un maggior quantitativo di acciaio per la sua realizzazione, ottenendo così una maggiore resistenza senza appesantire ulteriormente l’amo.

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IL COLORE

Un ultimo sguardo lo merita il colore. Esso varia in base ai trattamenti che ha subito e principalmente possiamo avere ami di tre tipi, ovvero nichelati, bronzati e bruniti. Il primo tipo è il classico amo color acciaio, il secondo, invece, è di colore giallo scuro, color bronzo appunto, mentre il terzo è di colore nero.

Il colore dell’amo serve semplicemente ad ottimizzare il mimetismo dell’esca che vi alloggerà. Con un bigattino ed esempio, meglio sarà utilizzare un amo bronzato, mentre con un verme coreano ottimale sarà l’impiego di un amo nero.

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