Savetta e Pasture: Tutti i Segreti per Fare Sempre Centro

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La savetta è uno dei pesci d’acqua dolce tra i più difficili da catturare, ma allo stesso tempo, più attratti dalla pastura.

Studiamo meglio le caratteristiche essenziali per uno sfarinato con i fiocchi specifico per questo ciprinide.

Purtroppo, nelle acque italiane, non è più tanto frequente l’incontro con la savetta. Questo pesce, veramente splendido, negli ultimi anni è scomparso da molte zone, divenendo una vera e propria rarità.

Esistono però, fotunatamente ancora delle aree dove è presente in maniera massiccia. Anche per questo motivo, sono pochi gli scritti al riguardo, specie in termini di tecniche rivolte alla cattura e di pasture specifiche.

Savette e sfarinati

Come premesso in apertura, la savetta è uno tra i pesci d’acqua dolce più attratti dalla pasturazione a base di sfarinati.

Ciò significa che per concentrare a tiro di lenza una buona quantità di esemplari è doveroso gettare in acqua non solo esche vive, ma, soprattutto, una pastura mirata ed equilibrata.

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Inoltre, differentemente da molti pesci più comuni quali, carassi, breme, gardon, la savetta ama pasture di concezione tipicamente italiana.

Made in Italy

Quando parliamo di sfarinati all’italiana, intendiamo pasture che abbiano una composizione ricca di pane, biscotti e soprattutto derivati del mais.

La tradizione del nostro Paese, inoltre, vuole che le pasture siano a base dolce, eccezion fatta per quelle destinate a cavedani, barbi o alborelle.

Anche la granulometria, cioè la grandezza delle particelle che costituiscono la pastura, è quasi sempre più generosa di quella utilizzata nei prodotti importati dagli altri Paesi europei come Inghilterra, Francia e Belgio.

Se vogliamo, anche la colorazione riveste una certa importanza e può distinguere un prodotto italiano da un altro nordeuropeo.

Le pasture importate, infatti, sono quasi sempre comprese tra tonalità neutre, marroni scure e nere. In Italia, invece, è molto più frequente ricorrere a tinte vivaci, come il giallo limone, l’arancio ed il rosso.

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Colore e granulometria

La savetta ha una predilezione particolare per le pasture rossastre, oppure di colore molto chiaro all’interno delle quali spiccano grosse particelle di pane e pastoncino rosso.

Anche per quest’ultimo motivo è bene preferire pasture con granulometria generosa, visto che la savetta ama grufolare sopra la pastura, con il muso attaccato al terreno, alla ricerca dei grossi e ghiotti pezzi di pane e delle altre particelle più sostanziose che si sprigionano durante il disfacimento delle palle.

Farine di base

Un buon composto mirato alla savetta deve essere obbligatoriamente ricco di pane.

Parlando in percentuali possiamo tranquillamente toccare il 50-60 percento dell’intero volume, variando opportunamente la quantità in base all’aggiunta di biscotto e pastoncino.

Acquistando un prodotto commerciale già bello e pronto all’uso possiamo essere sicuri di disporre di basi ben equilibrate che ben si prestano ad insidiare le savette.

Quasi tutte le pasture di marca, infatti, nascono dall’unione di pane, biscotti e pastoncino in abbondanza, ai quali vengono aggiunte alcune farine secondarie in percentuali ridotte.

Chiaramente, ogni pastura si differenzia dalle altre per mille sfaccettature, nonostante tutto, se realizzata con criteri tipicamente italiani, cioè base dolce, granulometria generosa e pane in abbondanza, il successo è garantito.

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Mais e derivati

Parlare di farine secondarie significa toccare un argomento vastissimo che meriterebbe la stesura di un volume enciclopedico, visto il numero infinito d’ingredienti che possono essere annoverati tra questo genere di farine.

Ciononostante, un discorso a parte va fatto per i derivati del mais, vista l’importanza che rivestono all’interno di qualsiasi ricetta, soprattutto se mirata ai ciprinidi ed alla savetta nello specifico.

La farina di mais, il fiocco, il glutine e, più d’ogni altra cosa, il tourteau, sono ingredienti che possono occupare percentuali molto abbondanti, comprese tra il 25 ed il 40 percento del composto totale.

In poche parole, una pastura costituita da pane, biscotti, pastoncino, farina di mais e tourteau, può essere considerata perfetta per insidiare le savette, senza ulteriori aggiunte di alcun tipo.

Il tourteau di mais

Questo ingrediente è sicuramente la massima espressione del mais e merita una discussione approfondita.

Molto probabilmente è la farina più conosciuta dalla maggior parte dei pescatori, agonisti e non, e può essere aggiunta alla pastura sia durante il confezionamento (cioè come ingrediente asciutto) che in un secondo tempo dopo una bagnatura preventiva.

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Rispetto agli atri derivati del mais, il tourteau offre un discreto potere nutritivo, un buon peso specifico e, principalmente, un’ottima meccanica dopo la bagnatura.

Questo ingrediente si ottiene estraendo a caldo l’olio dal mais. Ciò che rimane da questo procedimento è appunto denominato tourteau.

A primo giudizio sarebbe facile supporre che la farina ottenuta sia priva di sostanze, ma posso garantire il contrario.

Chiaramente, un tourteau di prima qualità deve essere spremuto leggermente, in modo che rimanga in possesso di una parte degli oli originari.

Anche la temperatura alla quale viene effettuata la spremitura è molto importante, per far sì che il “truciolato” rimasto non subisca bruciature.

Distinguere un ottimo tourteau da uno scadente è possibile prestando attenzione al colore ed all’odore. Perché il prodotto sia valido deve essere profumato e di colore giallo chiaro.

Un tourteau che emana odore di bruciato e si presenta con tonalità smorta è sicuramente stato spremuto fino all’ultima goccia e a temperature che ne hanno danneggiato la resa in pesca.

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Aggiunta del tourteau bagnato alla pastura

Come già detto il tourteau è spesso, se non sempre, già presente nella pastura confezionata come ingrediente intrinseco.

Questo è facile da capire anche durante la bagnatura tradizionale della pastura se quest’ultima tende a bere molta acqua e ad asciugarsi velocemente.

Indipendentemente da tutto, però, non è mai sbagliato aggiungere ad una pastura per le savette (ma anche per tutti gli altri ciprinidi) un 15-20% di tourteau in più, bagnandolo a parte e con il quale, a sua volta, bagnare la pastura.

Il procedimento è molto facile, ma richiede un minimo di pazienza ed attenzione. Innanzitutto bisogna prendere una bacinella vuota e metterci all’interno il tourteau asciutto in percentuale compresa tra il 15 ed il 20% della pastura che decideremo di utilizzare.

Solitamente, per due chilogrammi di sfarinato se ne utilizzano 400 grammi. Una volta scelta la quantità opportuna basterà versare acqua fino a coprire completamente il tourteau.

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Sarà necessario aspettare una mezz’ora abbondante per far sì che assorba l’acqua completamente. Alla fine otterremo una poltiglia annacquata che aggiungeremo alla pastura asciutta miscelando il tutto.

Per concludere la bagnatura potrebbe necessitare ancora una piccola spruzzata d’acqua. Lo sfarinato finale sarà veramente piacevole da maneggiare, risultando molto vaporoso e facilmente compattabile mantenendo, però, un perfetto disgregamento in acqua ed una granulometria perfetta per attirare le savette di taglia maggiore.

Una ricetta artigianale

Per chi non volesse affidarsi alle pasture commerciali, riportiamo di seguito una ricetta perfetta per insidiare le savette che, in passato, mi ha regalato ottime soddisfazioni sia in acque ferme che leggermente correnti.

15 % Pane bianco

25% Pane rosso

15% Pastoncino rosso

15% Biscotto

5% Arachide

25% Tourteau di mais (bagnato a parte)

Aroma liquido miele (4 ml per chilogrammo)

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