La specializzazione in settori è un processo che investe inesorabilmente tutti i campi dell'attività umana, incluso quello della pesca sportiva, che oggi comprende infatti diverse specialità tra loro autonome e distinte, ognuna delle quali, a sua volta, tendono a ramificarsi in ulteriori branche specialistiche, con l'effetto positivo di allargare gli orizzonti del nostro sport rendendolo sempre più vario, anche in termini di mercato.
Ci sembra più corretto parlare di distinzione piuttosto che di divisione tra le differenti specialità alieutiche, considerando che comunque sussiste, e sussisterà sempre, un denominatore comune alle stesse (in una maniera o in un'altra, si fa sempre uso di una canna, di un filo e di un amo!), tale da costituire un terreno d'interscambio di soluzioni tecniche adottabili anche in tipi di pesca diversi da quello in cui sono nate.
È il motivo per il quale, non dobbiamo mai trascurare del tutto gli sviluppi che interessano altre pesche e che possono dar luogo a soluzioni applicabili con successo anche nell'ambito della tecnica che pratichiamo.
Negli ultimi anni, l'influenza del pescatore di estrazione dulciacquicola ha contribuito a portare importanti innovazioni anche nel mondo della pesca in mare soprattutto da terra e dalla spiaggia nelle tecniche della bolognese e del feeder fishing, quest'ultima molto più adattabile alle varie condizioni di mare.
L'uso di terminali specifici dotati di amo ad occhiello hanno messo a dura prova l'ingegno del pescatore che si è dovuto adattare. Ecco che un nodo nato per innescare esche dure, diventa ottimo anche per la pesca con il bigattino e vermi di mare.
Il no-nodo
“Nodo senza nodo” è la traduzione alla lettera di “Knotless Knot”, il curioso nome di un nodo per ami che ha come prerogativa principale proprio quella di non annodare il filo su se stesso, come invece avviene con qualsiasi altro nodo, in quanto prevede semplicemente di avvolgerlo attorno al gambo dell'amo e di bloccare le spire ripassando il filo nell'occhiello dello stesso.
Con questo tipo di legatura, il filo non subisce alcuna strozzatura e con ciò ne viene garantita la massima tenuta sul nodo.
SEQUENZA FOTO ESECUZIONE KNOTLESS KNOT
Passare il filo nell’occhiello dell’amo (indifferentemente da una parte o dall'altra dell'occhiello)
Accostato il filo uscente al gambo dell'amo, avvolgere strettamente il filo entrante attorno al gambo, comprendendo il filo uscente e appaiando bene le spire (attenzione, l'avvolgimento va effettuato in senso opposto al punto di chiusura dell'occhiello, per evitare che il filo, una volta ripassato nell'occhiello come prevede la fase successiva, vada ad incastrarsi nella feritoia presente nel punto suddetto, lacerandosi sui bordi taglienti della stessa)
Ripassare il filo entrante nell'occhiello dall'esterno verso l'interno dell'amo
Nodo ultimato (notare l'assetto obliquo che il Knotless Knot conferisce all'amo e che favorisce l'autoferraggio del pesce).
La foto evidenzia la porzione di filo che, a nodo eseguito, poggia correttamente sulla parte “sana” dell'occhiello dell’'mo, e non su quella tagliente presente nel suo punto di chiusura.
Effetto “circle”
Eseguendo correttamente il Knotless Knot, con il filo che alla fine viene ripassato nell'occhiello dell'amo facendolo uscire dalla parte della punta, si conferisce all'amo un assetto più o meno obliquo (a seconda della piegatura dell'occhiello) che sembra contrariare la dinamica corretta per allamare la preda e che invece, facendo una valutazione più attenta, si comprende facilmente come la favorisca.
Qqualsiasi pesce, infatti (sia esso predatore o grufolatore), quando ghermisce il suo cibo, compie in genere un deciso movimento laterale con la testa e con ciò un amo montato in modo tale da avere la punta rivolta verso il filo, teoricamente ha più probabilità di appuntarsi nella sua bocca (allamatura che in questo caso avviene di solito a lato dell'apparato boccale, punto che, tra l'altro, offre maggiori garanzie di ritenzione del pesce).
Il principio, dunque, mi pare sostanzialmente quello del circle hook, l'amo circolare (che nei modelli occhiellati pure si presta ad essere legato con il Knotless Knot), tipo di amo assolutamente funzionale in vari sistemi di pesca, la cui caratteristica (e, in certi modelli, anche alquanto bizzarra!) struttura con la punta ripiegata verso il gambo è studiata proprio per produrre il medesimo effetto autoferrante.
Addio “ferrata”?
Posto che l'assetto obliquo conferito all'amo legandolo con il Knotless Knot ne comporti un funzionamento durante l'abboccata analogo a quello del circle hook è lecito pensare che, come con il “circle”, anche con il “Knotless” venga meno la necessità di “ferrare” il pesce, con l’amo che in entrambi i casi asseconda l'autoallamatura della preda (potrebbe anzi essere perfino controproducente assestare l'incoccio, in quanto si rischierebbe d'interrompere quella rotazione dell'amo che in fase d'abboccata deve avvenire nella bocca del pesce e concludersi appunto con il suo autoferraggio), essendo piuttosto opportuno concedere alla preda la “corsa” sufficiente per trovare la resistenza sulla quale possa autoallamarsi.
Nel caso delle pesche che prevedono l'uso del piombo o di un pasturatore, tale resistenza viene offerta dal piombo, dalla lenza in tensione o dalla vetta della canna; con le tecniche a galleggiante, il discorso è leggermente diverso: salvo nelle pesche dove si fa impiego di galleggianti corposi e voluminosi (vedi il pellet waggler ed il bagging waggler) la cui massa si oppone alla tirata del pesce quanto basta da consentirne l'autoallamatura, nei restanti casi l'unica resistenza utile per l'autoferraggio è quella che la preda può incontrare sulla vetta, cosicché, avendo tra galleggiante e cimino una porzione di filo molto breve (come nel caso della pesca con la roubaisienne), si avrà un'autoferrata quasi immediata, mentre con più filo in bando (in genere pescando con il galleggiante non si riesce ad avere il filo sempre in tiro) sarà la sua messa in tensione ad opera del pesce a segnalarci di dover richiamare prontamente la lenza per opporre alla preda la resistenza della vetta. In tal caso non si tratta di una “ferrata”, ma, per così dire, di una “stoppata” al movimento del pesce immediatamente successivo all’abboccata, con lo stesso che in questo modo provvede da sé ad assestarsi l'amo in bocca.
Niente strattoni bruschi, né colpi secchi con la canna, dunque, che possono cavare l'amo dalla bocca del pesce, agganciarlo in punti esterni all'apparato boccale o addirittura sul corpo, o causare la rottura del filo sul contraccolpo della preda allamata (sono questi i rischi e i difetti della “ferrata”).