La pesca a bolognese è certamente la tecnica più amata dal pescatore da terra, canne da cinque, sei e sette metri sono ben presenti nei portacanne della stragrande maggioranza dei praticanti di questa disciplina.
A volte però non bastano, ci sono certe situazioni, certe condizioni che ci obbligano ad impiegare attrezzi considerati di nicchia dai più, stiamo parlando delle bolognesi “extra long”, canne della lunghezza di otto, nove metri, utili ed indispensabili in occasioni rare, ma in grado, talvolta, in talune circostanze, di far svoltare davvero in positivo l’esito della pescata!
Solitamente, il pescatore a bolognese predilige pescare in acque relativamente basse, con fondali che oscillano generalmente tra i due ed i quattro, massimo cinque metri. Perché in questo tipo di condizioni si riesce a pescare agevolmente con un galleggiante fisso, ed usando una sei od una sette metri, riusciamo ad avere almeno un paio di metri di margine tra il galleggiante e la punta della canna che ci consentono di effettuare una agevole azione di pesca.
Molti pescatori, infatti, sono restii all’impiego di galleggianti scorrevoli o all’utilizzo di canne di lunghezza maggiore in quanto le ritengono sia onerose da un punto di vista economico, che troppo impegnative da un punto di vista fisico per una intera giornata di pesca, visto e considerato il loro maggiore peso rispetto alle “sorelle” di lunghezza minore.
Usare canne lunghe o galleggianti scorrevoli sono indizi che ci fanno capire indirettamente che l’azione di pesca si svolgerà su alti fondali, superiori ai sei, sette metri. In questo caso al pescatore a bolognese si va ad aggiungere una ulteriore difficoltà, ovvero la pasturazione. Sarà assai difficile effettuarla in queste circostanze, specie con bigattini sfusi vista la profondità importante dello spot.
A meno che non ci si trovi all’interno di un porto, in uno specchio d’acqua caratterizzato da acqua letteralmente ferma e assenza totale di corrente, dovremo ingegnarci e ricorrere obbligatoriamente a strategie di pasturazione più efficaci per non andare ad influenzare negativamente l’azione di pesca.
Il quadro che siamo andati ad esaminare risulta essere abbastanza complesso ed impegnativo, subentrano, infatti, un trittico di fattori quali: lunghezza delle canne, alti fondali e pasturazione, che, messi tutti insieme, rendono assai complicato e difficoltoso l’approccio di pesca per il pescatore a bolognese medio. Ma questo non ci deve scoraggiare, spesso vediamo pescatori che rimangono ancorati alle loro piccole certezze, mentre tante volte sarebbe meglio ingegnarci e tentare nuovi approcci di pesca che alla lunga possono risultare più produttivi e vantaggiosi in termini di catture.
C’è inoltre un quarto fattore da non sottovalutare, ovvero la scelta del galleggiante che potrà essere fisso o scorrevole, ognuno ha i propri vantaggi e svantaggi, pertanto anche questo elemento comporterà un'analisi abbastanza accurata.
Dopo questa fondamentale disamina tecnica, passiamo adesso ad analizzare nel dettaglio ciascun fattore, per poi concludere con una breve analisi degli ambienti e delle tipologie di luoghi in cui sarà congeniale adottare questa tecnica. Il primo di questi che andremo ad approfondire sarà l’alto fondale, cercando anche di capire il perché di questa scelta.
A differenza dei bassi fondali, dove il pesce è generalmente di passaggio, su profondità comprese tra i sei ed i dieci metri il pesce tende a stazionare permanentemente, o alla ricerca di cibo, oppure al riparo in tana all’interno di qualche anfratto presente sul fondo, se non addirittura tra le rocce di una eventuale scogliera sommersa. Qui sarà più facile trovare il pesce in attività oppure invitarlo con una corretta pasturazione ad uscire allo scoperto per cibarsi, certi della sua presenza, cosa chiaramente non fattibile sui bassi fondali.
Appurato il perché si debba scegliere tendenzialmente fondali di una certa importanza, ci resta da capire come vogliamo pescare, ovvero dovremo scegliere se impiegare un galleggiante fisso o scorrevole, questa scelta inoltre, è intimamente correlata alla lunghezza della canna.
Mediante l’impiego del galleggiante scorrevole, infatti, non necessiteremo obbligatoriamente di canne molto lunghe e impegnative, basterà posizionare sulla lenza madre il classico stopper, o un nodo Uni, per riuscire a pescare su fondali di una decina di metri, anche con canne della lunghezza di quattro o cinque metri. Entrambi i sistemi di fissaggio del galleggiante sopra citati potranno facilmente addossarsi all’interno delle spire della lenza madre presente nel mulinello, ovviando così alla minore lunghezza della canna.
Certamente la pesca con lo scorrevole è un sistema vincente, ma non sempre è così. Con questo metodo, infatti, peschiamo molto bene sugli alti fondali caratterizzati da acqua ferma e corrente lieve, mentre siamo penalizzati su quelli caratterizzati da corrente più sostenuta. Ma perché? Il motivo risiede in una parola chiave: la “trattenuta”.
Che cos’è la trattenuta?
E' una particolare azione di pesca, praticata da decenni con la bolognese in tutte le acque dove è presente corrente, sia in mare, ma principalmente in acqua dolce, dove ha avuto origine. Consiste nel trattenere la lenza durante la sua passata sul filo della corrente, affinché il terminale, e conseguentemente l’esca, si sollevino dal fondo, effettuando così dei continui “inviti”, alternati a dei “rilasci” della lenza in modo tale da rendere più naturale ed attrattivo tutto l’apparato pescante.
Forse molti di voi non sanno che in mare tutti i pesci hanno un comportamento da predatori, ed anche pesci considerati dai più “erbivori”, come salpe e cefali, sono in realtà onnivori, e non disdegnano spuntini a base di gamberetti e piccoli pesci. Questo per far capire che tutte le specie ittiche in mare sono attratte dal movimento, e dal veder fluttuare una qualsiasi forma di cibo all’interno del flusso di corrente.
Bene, una volta chiarito questo aspetto comincerà ad apparire in maniera più evidente il perché del galleggiante scorrevole e pesca in corrente non possono andare d’accordo. Il nocciolo della questione risiede nel fatto che il galleggiante fisso, essendo fermato direttamente sulla lenza, ci segnalerà in fase di trattenuta le eventuali abboccate del pesce, proprio in virtù del fatto di essere fissato direttamente sulla lenza madre.
Al contrario, ciò non sarà possibile mediante l’impiego del galleggiante scorrevole, il quale avendo il vincolo non sull’asta, bensì al di sopra dell’anellino passa filo, tenderà in fase di trattenuta a scivolare verso l’alto, rimanendo a galla sul pelo dell’acqua, non incontrando necessariamente il gommino di stop, e non riuscendo pertanto a segnalare l’eventuale abboccata a causa del suo “non fissaggio”.
Questo spiega conseguentemente il perché della scelta del tipo di galleggiante influenzi pesantemente la lunghezza della canna.
Per effettuare una corretta azione di pesca in trattenuta, abbiamo dedotto dalle precedenti considerazioni che sia obbligatorio usare esclusivamente il galleggiante fisso. Pertanto per impiegare il fisso e praticare una corretta azione di pesca in trattenuta nei pressi del fondo su fondali di sette, otto metri, risulta indispensabile l’impiego di bolognesi della lunghezza di otto, nove metri, in modo tale da poter avere, a seconda del fondale, almeno un metro di margine durante l’azione di pesca tra galleggiante e apicale del vettino.
Ma non finisce qui, alti fondali, galleggiante fisso, bolognesi “extra long”, ma manca ancora un aspetto fondamentale da esaminare: la pasturazione!
Come effettuare una corretta pasturazione negli strati d’acqua prossimi al fondo?
Innanzi tutto scartiamo a priori il lancio di bigattini sfusi, che non farebbero altro che attirare pesci di galla come sugarelli ed occhiate, i quali oltre a non far scendere la pasturazione, che già avrebbe grosse difficoltà vista la corrente, finirebbero per intercettare la nostra insidia in fase di caduta verso il fondo, con il rischio di non farci mai entrare in pesca.
Esclusa la pasturazione sfusa, sovviene subito alla mente la possibilità di incollare i bigattini con della ghiaia per raggiungere rapidamente il fondo, ed è chiaramente un metodo efficace, anche che se possiamo avere una soluzione altrettanto efficace.
La colla, la ghiaia, il secchio per effettuare l’incollaggio, sono tutta “zavorra in più”, che se possibile, è bene evitare, di portarsi appresso visto e considerato che non sempre al mare è così agevole raggiungere gli spot di pesca, che il più delle volte risultano essere un po’ scomodi. E’ per questo che dopo svariati tentativi siamo riusciti ad ottimizzare l’azione di pesca mediante l’impiego di un pasturatore particolare, ovvero il pasturatore spiombato!
Lo collochiamo all’interno della spallinata, a nostro piacimento, facendolo oscillare in un intervallo ristretto tra due pallini, più “a monte”, verso il galleggiante, o più “a valle” verso il finale, a seconda della corrente e del grado di naturalezza che vogliamo far assumere alla lenza.
Solitamente si tende a posizionarlo a circa metà della spallinata, al fine di ottenere un giusto compromesso tra naturalezza della lenza e precisione della pasturazione. Possiamo adottare questo sistema di pesca in tutti gli spot caratterizzati da alti fondali e correnti sostenute. Porti, porticcioli, scogliere, sono tutti posti validi, a patto che ci siano le condizioni sopra citate.
Attrezzatura
L’attrezzatura pertanto sarà composta da una bolognese ad azione medio-rigida della lunghezza di 8-9 metri, il galleggiante, come già detto, sarà fisso, del peso variabile tra i 3 ed 6 grammi, a seconda dell’intensità della corrente.
La lenza madre sarà costituita da un nylon dello 0.18 mentre il finale sarà un buon fluorocarbon dello 0.16, entrambi saranno uniti mediante un nodo di sangue, ed il finale terminerà con un amo abbastanza robusto che oscillerà tra il numero 10 ed il numero 14. Il finale avrà lunghezza variabile tra i 70 ed i 100 centimetri.
Dal nodo di giunzione tra le due lenze a salire vi sarà una spallinata che andrà progressivamente a chiudersi via via che ci avvicineremo all’asta del galleggiante. Quest’ultimo avrà la forma a pera rovesciata, più efficace in fase di trattenuta, questo perché il mare, con il suo leggero moto ondoso, tende sempre a creare una certa instabilità al segnalatore. Inoltre, per una migliore stabilità, consigliamo sempre l’uso di galleggianti aventi l’asta in metallo.
L’azione di pesca sarà quella classica della trattenuta, lanceremo sulla scia di corrente effettuando i consueti richiami e rilasci, e dopo qualche passata, andremo a caricare nuovamente il pasturatore, senza però pressare troppo i bigattini al suo interno, i quali, a contatto con l’acqua, finirebbero per aderire alle pareti dello stesso, creando una sorta di tappo che impedirebbe la naturale fuoriuscita delle larve.
La fase ”clou” dell’azione di pesca si verifica proprio durante la trattenuta, non sarà raro in presenza di saraghi di taglia sentire direttamente la botta in canna, a quel punto allenteremo un po’ la tensione della lenza per permettere al pesce di ingoiare meglio l’esca e far inabissare così il galleggiante, per poi ferrare energicamente.
La ferrata, infatti, dovrà essere potente, perché la lunga leva e l’attrito in acqua dovuto all’ingombro del pasturatore stesso potrebbe portare a far penetrare poco l’amo nel coriaceo apparato boccale del pesce, portando così a spiacevoli slamate.
L’innesco sarà costituito da un bigattino calzato sul gambo, mentre il resto saranno appena appuntati. Il numero di quest’ultimi varierà a seconda delle dimensioni dell’amo impiegato.